Sì che si può correre coi pantaloncini corti! — Intervista a Serenella Quarello

La Coppa del Mondo di Calcio ha la capacità di generare un forte impatto da un punto di vista dell’attenzione nei confronti dello sport femminile, rispetto ad altre discipline. Quest’anno le Azzurre ha portato avanti un ottimo campionato, raggiungendo i quarti di finale. Ma lo sport, come qualsiasi contesto, purtroppo, non è al riparo da discriminazioni e stereotipi duri a morire, come per esempio quelli sulle insormontabili differenze riguardo la forza fisica, la resistenza, la propensione alla fatica. 

Serenella Quarello, Fabiana Bocchi, “Non puoi correre con i pantaloncini corti. 50 donne che hanno fatto la storia dello sport”, Mondadori Electa, aprile 2019

Non puoi correre con i pantaloncini corti, scritto da Serenella Quarello e illustrato da Fabiana Bocchi, da poco pubblicato da Mondadori Electa nella collana Rizzoli Illustrati, giunge a sfatare tutto questo e ci parla di 50 atlete, alcune pioniere nel loro sport, altre che si sono distinte in varie categorie sportive, che possono essere prese a esempio — ognuna per un motivo diverso — di perseveranza, tenacia, passione, costanza, forza, coraggio.

Leggendo queste pagine mi sono fatta l’idea che sia forte il desiderio di mutare — anche e soprattutto fra le giovanissime generazioni — una visione cristallizzata e stantia che non corrisponde a quello che, di fatto, sta avvenendo nel reale. Conquiste, vittorie, traguardi, fatiche e successi internazionali. Lo sport è “cosa da uomini” direbbe qualcuno. Tutt’altro, afferma questo libro, e ci offre una panoramica che ci porta ad interrogarci su cosa lo sport abbia rappresentato nel tempo per le donne. 

Colpita da questo libro, ho deciso di porre alcune domande a Serena Quarello e questo è il risultato del nostro confronto.


Come nasce il progetto di questo libro, su quale spinta? E qual è stato il suo processo di elaborazione?
Ho letto che in parte ti sei dedicata ad una ricostruzione storica su fonti documentali e in parte hai intervistato le sue protagoniste. Puoi dirci di più?

Cavalcare ancora l’onda del successo delle biografie stringate di grandi donne? Parlare ancora di donne nei libri illustrati, nelle graphic? Sì, assolutamente.
Inoltre tra tante donne scienziate, astronaute, artiste, filosofe, avventurose — dalle “ribelli buonanottiane” in poi —, mancavano, stranamente, le sportive. Poi ho capito il perché.
E rispondo alla seconda domanda: quando scrivo non fiction, svolgo sempre un lungo e accurato lavoro di ricerca. Sarà l’impronta da prof, ma credo che davvero prima di scrivere, bisogna leggere. E informarsi. E poi parte la scrittura, anzi la narrazione, ed ecco la difficoltà. Scrivere di scienza, di arte e di moda risulta, almeno per me, più semplice, non so, forse lo vedo più come una “storia”, mentre trasformare dei medaglieri, dei record in storie non noiose, beh, questa è stata la parte più complessa. Per ovviare, ho scovato aneddoti e ho usato un linguaggio adatto a qualsiasi tipo di pubblico, e improvvisato un tono da giornalista sportivo.
Sì, ho cercato agganci, contatti, ho stalkerato un po’ per riuscire ad intervistarne qualcuna. Alcune solo via mail, come Edurne Pasabán, la prima donna ad aver scalato tutti gli 8000 metri, Tania Cagnotto, Carolina Morace, Lia Sanz, la guerriera della Parigi-Dakar. Altre di persona come Kiara Fontanesi, tostissima ragazza della motocross, e altre ancora al telefono come Manuela Di Centa, ma di lei vi parlo dopo.

Serenella Quarello, Fabiana Bocchi, “Non puoi correre con i pantaloncini corti. 50 donne che hanno fatto la storia dello sport”, Mondadori Electa, aprile 2019

Come mai la scelta di introdurre la narrazione proprio con la figura di Fanny Blankers-Koen, che ha suggerito anche il titolo della pubblicazione? Cosa ha rappresentato per il mondo dello sport e per quello femminile la sua storia?

Spesso il titolo arriva per ultimo. Questa volta è arrivato per primo: a Fanny dicevano «non puoi correre con i pantaloncini corti perché sei mamma, perché sei vecchia». Lei se ne frega, lo fa e vince le Olimpiadi. Perché non partire da lei? Per il mondo dello sport ha rappresentato il “se vuoi, puoi” e per il mondo femminile un primo coraggioso passo nell’emancipazione.

In base a quale discrimine sono state scelte le altre sportive? È stato complesso arrivare ad un numero di 50 elementi? Ed è vero che tua madre è stata determinante nella scelta?

Sì, durissimo! Insieme con Fabiana Bocchi, l’illustratrice, abbiamo scoperto un mucchio di belle storie ed è stato difficile scartare atlete fino ad arrivare a 50, anzi a 56 perché qualcuna è in coppia. Lo staff Mondadori anche ha partecipato nel definire la scelta.
La madre che si cita in dedica è quella di Fabiana, donna determinata anche nei momenti difficili della vita. Mia madre, invece, sportiva non lo è affatto, ma lo sport le piace e ha una collezione incredibile di vecchie Gazzette dello sport che mi sono state utilissime. Anche se quando guardavo quel mucchio sul pavimento accanto al pc mi veniva da piangere…

Serenella Quarello, Fabiana Bocchi, “Non puoi correre con i pantaloncini corti. 50 donne che hanno fatto la storia dello sport”, Mondadori Electa, aprile 2019

Quali, fra le 50 protagoniste del tuo libro, ti hanno colpito maggiormente con la loro storia e ti hanno probabilmente spinto ad approfondire la tua ricerca?

Uff, difficile. Una che mi è rimasta nel cuore, lo dicevo poco sopra, è stata Manuela Di Centa con la quale sono intercorse lunghe telefonate. Grande donna, grande cuore. Una campionessa con la C maiuscola. Una che non molla mai. Gentile. Non diva. Poi Surya Bonaly, la pattinatrice che per il colore della pelle non ha mai vinto un’Olimpiade, e Cathy Freeman, che corre con la bandiera del suo popolo aborigeno.

Quale rapporto hai tu stessa con lo sport e cosa diresti ad un ragazzo o una ragazza che decide di intraprendere una carriera sportiva?

Fallo! E se ti dicono che non puoi farlo, allora tu sbattigli in faccia il contrario! Lo sport è disciplina, quella sana, almeno nella maggioranza dei casi. Allena alla fatica, al rigore. Sì, sono una sportiva e anche una tifosa, magari non da agonismo, ma senza sport non ci sto.

Serenella Quarello, Fabiana Bocchi, “Non puoi correre con i pantaloncini corti. 50 donne che hanno fatto la storia dello sport”, Mondadori Electa, aprile 2019

Cosa può rappresentare lo sport per una donna oggi? E che cosa ha rappresentato in passato?

Oggi, è star bene con se stesse, a volte anche solo ritagliarsi uno spazio per sé. Poi può avere una valenza più ampia: non vogliamo dire di essere forti come gli uomini. Siamo fisiologicamente diversi, ok. Ma possiamo praticare tutte gli stessi sport. Questo sì. E guarda certe campionesse del passato: Babe Didrikson che alla domanda «Cosa non hai mai fatto?» risponde «Giocare alle bambole»; o Billie Jean King, tennista che raccoglie la sfida del misogino Bobby Riggs e lo batte con due set netti. E poi, certo, anche lei: Annie Londonderry che si spara 15.445 km in bici, alla fine del 1800 per vincere la scommessa: «una donna non ce la farebbe mai a fare il giro del mondo in bicicletta». Beh, lei ce la fece, superando mille disavventure, diventando manager di se stessa.

Nel libro si parla di “parità di genere” come una delle questioni aperte sul tema, quale impatto può avere lo sport nella battaglia per i diritti delle donne e non solo delle donne?

È importantissimo! Perché è sul campo che dimostri davvero che puoi! Le barriere si abbattono anche con lo sport e come dici tu, non solo di genere, ma anche di pelle, di disabilità. Barriere alte, ma che spesso queste campionesse saltano. Pensa a Bebe Vio e a belle realtà che ho conosciuto come le ragazze del Torino calcio FD, cioè per disabili. Chi le ferma?
Mi piace ricordare l’automobilista Ada Pace che dopo aver ricevuto sberleffi maschilisti, attacca alla targa la scritta Sayonara facendo mangiare polvere ai colleghi maschi. O come mi disse Kiara Fontanesi: «Discriminazioni? No, e poi la parola moto è di genere femminile!».

Serenella Quarello, Fabiana Bocchi, “Non puoi correre con i pantaloncini corti. 50 donne che hanno fatto la storia dello sport”, Mondadori Electa, aprile 2019

La squadra di calcio femminile statunitense sta portando avanti una battaglia contro lo Usa Soccer perché le sia garantita una parità salariale, a fronte di prestazioni migliori e di maggiori introiti rispetto a quella maschile. E non è una squadra di piccolo calibro.
È nato il Gruppo di lavoro internazionale su donne e sport (IWG), partner dell’Unesco. C’è stata un’accelerazione dopo le Olimpiadi del 2004, quando un gruppo di ministri dello sport dell’Unesco ha proposto per primo la creazione di un osservatorio globale.
Per anni c’è stato uno stallo. Ora parrebbe esserci un’apertura da parte del governo svizzero ad uno studio di fattibilità. Secondo te cosa ha ostacolato in questi anni il riconoscimento di una parità di diritti delle donne nell’ambito dello sport?

Ti faccio un esempio semplicissimo: ne parlavo con Marta Carissimi, mia ospite a una presentazione. Lei è centrocampista del Milan, fa allenamenti come i colleghi maschi, campionato ecc., eppure deve avere un secondo lavoro per vivere. E lei è ingegnere, quindi ha anche dovuto studiare parecchio, quando sappiamo che il baby calciatore, quando è bravo, ha tutte le agevolazioni possibili.
Lei mi diceva che fino a quando non arrivano gli sponsor — “i soldi”, cioè fino a quando queste donne non fanno davvero girare l’economia legata allo sport — non otterranno lo status di professioniste.
Leggi le storie di Tony Stone, baseball, Diane Crump, equitazione, e Billie Jean: già loro negli anni ’40-50-60 si battevano per avere parità negli stipendi.
Certo qualche spiraglio c’è. La FIFA, che dice che ci deve essere sempre una presenza femminile. Carolina Morace è una leonessa nella rivendicazione di pari dignità, ma intanto siamo ancora qui a parlarne.

Serenella Quarello, Fabiana Bocchi, “Non puoi correre con i pantaloncini corti. 50 donne che hanno fatto la storia dello sport”, Mondadori Electa, aprile 2019

Vedi un’evoluzione lineare nella conquista dei diritti o delle battute di arresto e delle involuzioni lungo il corso del tempo?

Beh, dai tempi di Babe e Charlotte che dovevano indossare lunghe gonnellone, molto è stato fatto. Amna Al-Haddad è diventata sollevatrice di pesi, ma deve portare il velo e coprire le braccia, però l’ha fatto. Keiko Fukuda è diventata judoka cambiando tipo di kimono e mentalità. Ma c’è ancora un sacco di strada da fare, siamo solo agli inizi e lo vedi quando alle presentazioni del libro vengono soprattutto donne, ragazze e bambine, e pochissimi maschi. E fino a quando ci sarà qualcuno che pensa che esistano libri da maschi e libri da femmina e sport maschili e sport femminili…
Pensiamo ai Mondiali di calcio femminili: tutti esaltati, ma ancora in pieno svolgimento, e già sentivo, da più fronti, anche pubblici, dire «’Ste donne stanno scocciando, perché devono obbligarci a vedere un calcio brutto?».
Posso solo rispondere che al “nostro posto” non ci torniamo, che quel calcio magari non sarà a livelli stellari ma ci piace un sacco per quello che rappresenta!
E come dico sempre: lo sport non è femminile né maschile, è sport e basta.

Serenella Quarello, Fabiana Bocchi, “Non puoi correre con i pantaloncini corti. 50 donne che hanno fatto la storia dello sport”, Mondadori Electa, aprile 2019
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