In Marocco ci sono due strade per andare dalle montagne al deserto e dal deserto all’oceano, sono la N9 e la N12. Per scoprirlo non serve aver acquistato obbligatoriamente l’ultima guida aggiornata del paese o aver speso ore attraverso blog e siti nel vasto mondo di internet, è sufficiente aprire una cartina, di quelle cartacee, che fanno molto passato ma sanno ancora essere presente. Così Gabriele Chiapparini, regista e cinematografo, nonché fondatore del collettivo Artichoke, e Camilla Marrese, giovane studentessa dell’ISIA di Urbino e fotografa in erba, si mettono in viaggio con l’idea di raccogliere in analogico il paesaggio di un paese che non hanno mai visto e non sanno nemmeno cosa gli presenterà.
Il risultato è racchiuso in un bellissimo libro, I Might Have Seen Something, pubblicato dalla casa editrice di Lugano Artphilein, dove il Marocco è riassunto sì in una palette di colori che va dall’ocra del deserto al verde dei primi arbusti e infine al blu dell’oceano, ma soprattutto da uno sguardo nuovo, concentrato sulla strada percorsa, quella tra un luogo abitato e l’altro dove non ci sono riferimenti se non paesaggistici e l’uomo può definirsi perso.

(courtesy: Gabriele Chiapparini)
Si cade facilmente nel tranello di pensare che il paese sia tutto uguale, solo sabbia, solo dune, solo montagne desertiche, poi ogni cosa cambia e nonostante tutto anche quel paesaggio così “cliché” diventa un’occasione per soffermarsi, per trovare quell’elemento che rassicuri l’osservatore di essere sempre lì, in Marocco, non in Colorado o lungo la Road 66, e magari scorgere una macchina abbandonata o un bambino tra le palme e chiedersi chi mai si fermerebbe nel mezzo di una strada desertica, cosa si aspetta, al caldo, sotto il sole, da quelle parti.
In fondo, Camilla e Gabriele mettono le cose in chiaro fin da subito, preparandoci a questo esercizio visivo e mentale, aprendo il libro con una citazione da Le città invisibili di Calvino:
«Se vuoi sapere quanto buio hai intorno, devi aguzzare lo sguardo sulle fioche luci lontane.»

(courtesy: Gabriele Chiapparini)
Ci proviamo tutti a darci poi delle risposte a quelle domande che si aggiungono sempre di più e inevitabilmente siamo condizionati dalla società da cui proveniamo, dal nostro bagaglio culturale e nessuno di noi si avvicina veramente alla verità assoluta, anche se in fondo non ne abbiamo bisogno.
Dunque ringraziamo solo Gabriele e Camilla per averci reso partecipi della loro esplorazione e riflessione fotografica, che non sarebbe stata possibile senza l’appoggio di Carmencita Film Lab, che si è occupato dello sviluppo e della scansione dei tanti rullini.

(courtesy: Gabriele Chiapparini)

(courtesy: Gabriele Chiapparini)

(courtesy: Gabriele Chiapparini)

(courtesy: Gabriele Chiapparini)

(courtesy: Gabriele Chiapparini)

(courtesy: Gabriele Chiapparini)

(courtesy: Gabriele Chiapparini)

(courtesy: Gabriele Chiapparini)

(courtesy: Gabriele Chiapparini)

(courtesy: Gabriele Chiapparini)

(courtesy: Gabriele Chiapparini)

(courtesy: Gabriele Chiapparini)

(fonte: artphilein-editions.org)

(fonte: artphilein-editions.org)

(fonte: artphilein-editions.org)

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(fonte: artphilein-editions.org)

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(courtesy: Gabriele Chiapparini)

(fonte: artphilein-editions.org)

(fonte: artphilein-editions.org)