«Ci dispiace comunicarle che la proposta da Lei inviata non è stata selezionata per il bando in oggetto».
Capita. Capita spesso. Capita anche ai migliori.
Qualcuno, dall’altra parte dello schermo, della città, del mondo, ha preso il frutto del tuo lavoro — quello su cui hai sudato, rimuginato — e l’ha messo da parte, pensando o dicendo a voce alta: «Non va bene».
Ho fatto diverse volte il giurato in concorsi di illustrazione e so bene che dietro a ogni tavola messa via, dietro a ogni file trascinato nella cartellina etichettata con un perentorio “No”, ci sono ore, giorni, settimane, talvolta mesi di fatica, nottate insonni, grandi tazze di caffè, anni di studio ed esercizio, spese anche importanti, altri no, qualche sì.
Lo so perché dall’altra parte ci sono stato, e certe volte ci sono ancora. Non col segno ma con la scrittura, o con un’idea. La mia bella dose di «ci dispiace comunicarle» ce l’ho anche io. Come pure i cassetti — prima fisici e ora digitali — pieni di scarti.
Lo sanno anche i fondatori di re:apply, una piattaforma ancora “in fieri” nata poche settimane fa dall’idea di un gruppo di giovani designer e curatori che lavorano a Milano, Torino e Venezia. L’intento è quello di raccogliere, appunto, tutti quei progetti che per un motivo o per l’altro (o senza motivo alcuno) sono stati rifiutati, per dar loro nuova vita attraverso quello che chiamano «un archivio di utopie abbandonate, una collezione di progetti irrealizzati e possibilità inespresse», e in futuro, magari, anche con mostre e presentazioni.
«Quest’idea è nata durante gli ultimi due anni passati ad applicare ai più svariati bandi per tentare di piacere a giurie composte da sconosciuti personaggi del mondo dell’arte, a essere molte volte rifiutati e a pensare altrettanto spesso “questo bando è troppo difficile, laborioso, complicato: non lo faccio”. Confrontandoci tra di noi ci siamo resi conto di come le difficoltà con cui ci si scontra mentre si applica a bandi (il modo in cui sono scritti, le scadenze, la competizione) sia qualcosa di largamente condiviso, così come l’insicurezza, la sfiducia e l’ansia da prestazione che generano», spiegano i ragazzi di re:apply, che hanno lanciato una call rivolta a chiunque lavori o stia provando a lavorare in ambito creativo: grafici, illustratori, architetti, designer, sound designer, fashion designer, fotografi, pittori.
Per ora presente con una pagina Facebook e un profilo Instagram, re:apply ruota attorno all’idea di «interessarsi a ciò che questo sistema esclude: sia per comprendere le sue logiche a partire da ciò che è stato scartato, sia per rivitalizzare il potenziale che non ha potuto esprimersi».
La deadline per inviare i materiali — che ovviamente saranno già pronti quindi non c’è da creare niente di nuovo — è fissata al 25 novembre 2018.
Tutte le informazioni per partecipare al progetto sono qui.