Lou Reed, Bowie, Basquiat, Keith Haring, John Lennon e Yoko Ono, Burroughs, Allen Ginsberg, Truman Capote, Madonna, Debbie Harry, Grace Jones, Bianca Jagger, gli Stones, Liza Minnelli, Divine, Bob Dylan, Elton John, Marianne Faithfull, Diana Ross, i Duran Duran, Diana Vreeland, Anna Wintour, Diane Von Furstenberg, Arnold Schwarzenegger, le serate allo Studio 54. Di tutto è stato raccontato e scritto su Andy Warhol e sullo straordinario, multiforme mondo che gli ruotava attorno. Mondo che il maestro della pop art documentò — con la sua caratteristica ossessività — attraverso la macchina fotografica.
Dal 1976 al 1987, l’anno della sua morte, Warhol scattò foto praticamente ogni giorno, in qualunque momento, a qualsiasi cosa. Feste, cene, concerti, performance, sfilate, nature morte, panorami, scorci cittadini: decine e decine di migliaia di fotografie che, oltre a essere una testimonianza della vita sui generis dell’artista, sono anche un’importantissima traccia della scena culturale e artistica e della vita notturna di New York negli anni forse più interessanti che la città ha visto dal dopoguerra a oggi.
E se finora tale materiale era stato visionato solo da pochi, fortunatissimi sguardi, ora è disposizione di chiunque grazie al Cantor Arts Center e alla Stanford University, che hanno digitalizzato l’archivio fotografico di Warhol, fino al 2014 di proprietà della Andy Warhol Foundation for the Visual Arts.
Oltre 3600 provini a contatto e più di 130.000 negativi visibili online, anche se è più comodo esplorare a partire da qui, potendo filtrare i risultati per data, tema e zona geografica (dove spunta anche l’Italia, tra viaggi a Milano, Roma, Napoli, Venezia, e incontri con Fellini, Versace, Joseph Beuys).
Il progetto, già annunciato qualche mese fa, è stato messo online il 12 ottobre, accompagna la mostra Contact Warhol: Photography Without End, in esposizione presso il Cantor Arts Center di Stanford, California, fino a gennaio 2019.