Di figure umane e architettura se ne parlava già qui. Metti il disegno di un omino dentro a un edificio o a una stanza, e il cervello immediatamente ne valuterà le dimensioni. L’uomo ha sempre fatto del suo corpo la misura del mondo, e non a caso nell’antichità la lunghezza si misurava — e in qualche paese si misura ancora — con le parti del corpo: il cubito (dal gomito alla punta del dito medio), il pollice, il piede, con tante varianti locali come il piede piemontese o il braccio milanese, che era diverso dal braccio fiorentino.
Ma che succede quando le proporzioni tra figura umana e ambiente circostante non sono coerenti? È quello che capita nelle illustrazioni dell’artista britannico Doug John Miller, che mettono in crisi la nostra innata capacità di contestualizzazione per creare atmosfere surreali nelle quali l’osservatore si immerge perdendo ogni capacità di relazionarsi razionalmente con ciò che vede.
Miller, che è rappresentato dall’agenzia Début Art, collabora frequentemente con riviste (New York Times, Wired, Pitchfork, London Magazine, Courier Magazine, World of Interiors) e aziende, ha alle spalle una formazione da architetto e ha uno stile iper-dettagliato che rende ancora più credibili — e dunque sorprendenti — le sue opere, piene di piccoli dettagli e micro-narrazioni che si sviluppano a cavallo tra le dimensioni.

(fonte: dougjohnmiller.co.uk)

(fonte: debutart.com)

(fonte: debutart.com)

(fonte: debutart.com)

(fonte: debutart.com)

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(fonte: debutart.com)

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(fonte: debutart.com)

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(fonte: dougjohnmiller.co.uk)