Dina Amin preferisce in realtà farsi chiamare dina, con la d minuscola, ché la maiuscola di quella lettera, chissà poi perché, non riesce proprio a farsela piacere.
Quindi ricominciamo: dina Amin è egiziana, ha studiato industrial design in Malaysia e poi è tornata nel suo paese, dove ha scoperto che non aveva poi così voglia di fare il mestiere per il quale aveva studiato: preferiva smontare gli oggetti, soprattutto quelli rotti, quelli che la gente butta via.
Smontandoli in mille pezzi dina si rende conto che tutti quei frammenti possono diventare qualcos’altro, e quindi si mette a costruire personaggi e storie, che poi racconta attraverso animazioni in stop motion che posta su Instagram, su Vimeo e su YouTube, dove a volte mostra anche il making of dei suoi lavori.
dina li chiama Tinker Friday, perché è di venerdì che si mette all’opera, mentre tinkering significa provare ad aggiustare, rattoppare.
Svitando, tagliando, scucendo, sbucciando, staccando, il risultato è sempre sorprendente, e spesso poetico, ché non sai mai se dalla testa di una vecchia bambola possa uscirne un pesce salterino, o da una musicassetta un personaggio con gli occhioni grandi così.
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