Save the date | These are my letters to the world. Calligrafie di Barbara Calzolari

Quando ho iniziato a scrivere sul mio blocchetto, Barbara Calzolari ha avuto un sussulto. Un genuino, istintivo, irrefrenabile palpito, seguito da un «Guarda come tiene la penna!», detto indugiando per qualche istante con occhi sgranati sulla mia mano, per poi tornare a posarli, stavolta rilassati ma concentrati, sopra al foglio sul quale, come danzando, la sua, di mano, stava disegnando lettere.

Effettivamente quando scrivo non sono un bel vedere. La postura del polso sembra più adatta a una mini-zappa che a una penna. E per tutto il resto della conferenza stampa — durante la quale, per forza di cose, dovevo prendere appunti — un piccolo settore del mio cervello mi gridava «basta, smetti, prendi gli appunti sul telefono, scrivere così davanti a una calligrafa è come andare in giro col coso di fuori!».

Il pudìco mucchietto di materia grigia non aveva tutti i torti. Di fronte a me c’era la più grande calligrafa italiana, una che può vantare un titolo — quello di Master Penman — che sono in pochissimi ad avere (per dire: ci sono più premi Nobel e astronauti, attualmente, nel mondo, che Master Penmen). Ed era lì, Barbara Calzolari, a presentare la sua mostra personale, These are my letters to the world, che inaugura domani presso lo spazio Abc di Bologna.

© Barbara Calzolari
(courtesy: Abc)

«Forse non c’era bisogno di una mostra in più. In questi tempi gli “Artisti” sembrano essere molto più numerosi degli artigiani. Ma eccola qui, ora tocca a voi dir se era necessaria o no», scrive Calzolari nel testo che accompagna l’esposizione, testo in cui fa capolino diverse volte una parola: nascondersi, concetto che la grande calligrafa ripete spesso anche a voce.

Parla di nascondersi nel “mondo gioco” dell’alfabeto che ha disegnato per la mostra. Di parole decorate per nascondere il loro vero, terribile significato (una parete è dedicata a nove termini che rappresentano il futuro che ci aspetta: inquinamento, deforestazione, clima, riscaldamento globale, rifiuti, piogge acide, sovrappopolazione, genetica, urbanizzazione). E poi, soprattutto, di poesia come luogo nel quale scomparire. Di metafore e visioni come nidi nei quali nascondersi.

Due delle nove opere della serie “Il grande filtro”
© Barbara Calzolari
(foto: Frizzifrizzi)

Proprio attorno alla poesia ruota il grosso della mostra. Più precisamente, la poesia di Emily Dickinson — non a caso un’autrice che scelse di ritirarsi dal mondo.
È anche grazie alla poesia, infatti, che Barbara Calzolari ha deciso di dedicare la sua vita alla calligrafia.

Bolognese, con alle spalle una formazione da grafica pubblicitaria, ha studiato serigrafia con il pittore Otello Brocca, per poi entrare nel mondo della moda in seguito all’incontro con uno dei più grandi designer e innovatori italiani, Massimo Osti, per poi lavorare ai massimi livelli, sviluppando collezioni e prodotti per marchi come Ferrari, Pirelli e Ferrero.

Durante i suoi tantissimi viaggi, soprattutto in Oriente, l’allora futura Master Penman portava sempre con sé libri di poesia. Ma visto che spesso non riusciva a mettere in valigia tutti quelli che avrebbe voluto, cominciò a trascrivere su un quaderno i versi che preferiva.
«Mi resi conto che per rappresentare parole come quelle le normali lettere non andavano bene», spiega. «Prendi Artaud. Le sue parole bucano la carta! Così decisi di studiare le lettere per dare ai poeti delle voci più credibili».

© Barbara Calzolari
(courtesy: Abc)

Si mise dunque a studiare calligrafia. Lo fece per anni e anni di nascosto (di nuovo), senza dirlo a nessuno. Continua a farlo anche ora — studiare, intendo, («stanotte ho lottato fino alle 3,00 sopra a una S»), e, a suo modo, nascondersi.
Mentre durante la conferenza stampa scriveva il mio nome su un quadernetto, in risposta ai complimenti che nel frattempo le facevo, ha detto «Non amo la visibilità, l’essere stella. Ammiro molto i Daft Punk, che non si fanno vedere in volto. Le stelle è bello che stiano in cielo».

L’affinità con la poetessa americana è evidente. E affine è anche quell’urgenza che viene dal profondo. Non solo quando scrive ma anche quando parla. Sembra di poterle toccare, le sue parole: forti eppure fragili come tutto ciò che viene dall’anima.

© Barbara Calzolari
(courtesy: Abc)

La mostra, dunque, è una sorta di autoritratto, in cui pennini e pennelli hanno trascritto, illustrato, illuminato frammenti di poesie, lettere, racconti, testi tratti dalle biografie, per un totale di ottantasette opere esposte in uno spazio particolare e affascinante qual è quello di Abc, associazione culturale che purtroppo a fine dicembre si troverà senza casa [colgo l’occasione per rivolgermi a istituzioni e privati bolognesi: se qualcuno ha uno spazio, si faccia avanti. Abc è un progetto che non merita di esser lasciato morire. Qua c’è l’appello di Lavinia Turra, presidente dell’associazione].

L’ultima perla, Calzolari me l’ha regalata alla fine, quando le ho chiesto di mostrarmi la sua scrittura “normale” — che, per la cronaca, è meglio di quanto saprei realizzare io in due ore di lavoro — mi ha fatto vedere come in realtà passare da quella a una scrittura molto più decorata è davvero questione di poco. «L’importante è il ritmo che c’è sotto. Come nella musica. Come un pezzo di Aphex Twin, hai presente? Sotto c’è il ritmo, e sopra strati su strati di suono. Il “ricamo” che c’è sopra è qualcosa di accessorio. La parte fondamentale è la base».

[cbtabs][cbtab title=”INFO”]These are my letters to the world
Calligrafie di Barbara Calzolari

QUANDO: 2 — 23 dicembre 2017
OPENING: 2 dicembre | 18,00
DOVE: Abc | via Alessandrini 11, Bologna
INFO: facebook[/cbtab][cbtab title=”MAPPA”]

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© Barbara Calzolari
(courtesy: Abc)
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