“Small Homes, Grand Living”, Gestalten, aprile 2017

Casa piccola, bella vita (?)

Il primo appartamento in cui ho abitato, qui a Bologna, era poco più che una gabbietta per canarini. Non lo misurai mai (nemmeno col metodo-Adidas utilizzato da David Foster Wallace in Una cosa divertente che non farò mai più1) ma non credo arrivasse a 25mq.

In cucina si stava stretti anche da soli e con la razione di birre pomeridiane di un qualsiasi racconto di Bukowski avevi già riempito il frigo. In salotto c’era un tavolino, e una specie di divanetto usciva dal muro per diventare un lettino di fortuna. Chi faceva la doccia, in bagno, rimaneva bloccato lì se c’era qualcuno a fare la cacca. E la camera, rialzata rispetto al resto della casa, era quasi totalmente occupata da un armadio e un letto da una piazza e mezzo, dal quale si poteva uscire solo da un lato.

“Small Homes, Grand Living”, Gestalten, aprile 2017

In compenso, sul soffitto, sopra il letto, c’era un grande specchio che faceva precipitare il tutto in una surreale atmosfera da set di film porno, che stonava con la glaciale puntigliosità dei proprietari, giovane coppia di rompiscatole che, dopo aver passato lì gli anni universitari, si era trasferita altrove ma amava chiamarci ogni settimana per sapere se era tutto a posto, se avevamo rotto qualcosa, se per caso facevamo troppo rumore.

Eravamo in due ad abitare in quel buco. Io e la mia ex. Poi a noi si unì un amico e infine il proverbiale amico dell’amico. Per lunghi periodi fummo in quattro. Io e lei stretti sul letto da set porno, loro due stretti sul divanetto.
L’unico motivo per cui non ci uccidemmo a vicenda fu che eravamo fatti e bevuti per il 99% del tempo passato assieme («tutto bene, tutto bene», era il nostro stanco dispaccio settimanale ai proprietari).

“Small Homes, Grand Living”, Gestalten, aprile 2017

Affacciato sul cortile interno di un palazzo in cui vivevano quasi soltanto anziani, che tra l’altro pretendevano silenzio assoluto dopo le 21.00, nell’appartamento e nel condominio tutto aleggiava un’atmosfera da L’inquilino del terzo piano di Polanski — che ovviamente guardammo, fumati e nebulosamente inquieti.
La nostra minuscola casa, però, per qualche barbatrucco da interior designer, aveva effettivamente tutto quello che una casa dovrebbe avere. Ed era piena di nicchie, scaffali, scaffalini, cassetti magicamente ricavati in ogni singolo angolo disponibile.

E ancora oggi, ogni volta che vedo questi alloggi mignon super-accessoriati, angusti loculi trasformati in accoglienti rifugi dal sapiente progetto di qualche architetto o designer, non posso che ripensare a quegli anni di claustrofobia e afasia.

D’altra parte ammiro anche chi s’ingegna, chi riesce a creare spazi laddove in teoria non ce ne sarebbero, e sono questi i protagonisti di Small Homes, Grand Living, libro edito da Gestalten dedicato a case e stanze formato pocket che si rivelano piccoli mondi meravigliosi — perlomeno in foto, ché poi è davvero impossibile non andare col pensiero a Pozzetto che dalla campagna si trasferisce a Milano.
Taac!

“Small Homes, Grand Living”, Gestalten, aprile 2017
“Small Homes, Grand Living”, Gestalten, aprile 2017
“Small Homes, Grand Living”, Gestalten, aprile 2017
“Small Homes, Grand Living”, Gestalten, aprile 2017
“Small Homes, Grand Living”, Gestalten, aprile 2017
“Small Homes, Grand Living”, Gestalten, aprile 2017
“Small Homes, Grand Living”, Gestalten, aprile 2017
“Small Homes, Grand Living”, Gestalten, aprile 2017
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