Anosmia: com’è vivere senza odori?

Nella saggio che fece conoscere al mondo l’incredibile talento letterario del neurologo Oliver Sacks, L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello, c’è un Post scriptum che racconta la storia di un uomo che, a causa di una lesione alla testa, aveva perso il senso dell’olfatto.

Sacks riporta così le parole del suo paziente: «L’olfatto? Non me ne ero mai curato. Di solito uno non ci pensa. Ma quando lo persi, fu come se fossi diventato di colpo cieco. La vita perse molto del suo sapore… non ci si rende conto di quanto il “sapore” sia in realtà olfatto. Si odora la gente, si odorano i libri, si odora la città, si odora la primavera, forse non in modo consapevole, ma come uno sfondo ricco e inconscio che sta dietro a ogni cosa. D’improvviso tutto il mio mondo sì impoverì radicalmente».

L’anosmia — così si chiama la perdita totale dell’olfatto — può essere congenita oppure causata da traumi e altre patologie. E spesso è accompagnata da un più alto rischio di incidenti domestici (pensa al non poter rilevare fumo, odore di gas, di fermentazione) e da depressione. Non è difficile capire perché: l’odorato è collegato al gusto ma anche alla memoria; addio Madeleine di Proust.

A raccontare un mondo senza odori — e paradossalmente a far riscoprire, a noi che il naso possiamo usarlo, l’intensità dell’esperienza olfattiva — è questo bel documentario del filmmaker americano Jacob LaMendola, pubblicato da Aeon Video.
Dopo la visione vien voglia di uscire ad annusare il mondo. E ben venga tutto, pure la signora che ha messo troppo profumo in fila alla casa del supermercato, pure l’afrore che impregna l’interno degli autobus nelle giornate d’estate, persino la puzza di merda.

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