Arcades #2 - London

Arcades: una rivista dedicata alla cultura e allo stile della suburbia

Sto scrivendo a bordo della motonave Augustus, in mare da tre giorni. Ho una provvista di crema di noccioline, e sono un evaso dai suburbi di tutte le grandi città- Che buchi! I suburbi, intendo. Dio mi guardi dai treni vicinali che ti riportano a casa, la sera, con l’idea che la casa è la roccaforte dell’uomo; e dalle brave signore che vedi al crepuscolo tirar dentro le loro dalie e le loro rose, per proteggerle dal gelo; e dalle altre signore che ricevono e si danno attorno, piene di zelo civico […]; dalle donne che si vestono da torero per andare al supermarket, e dai valigiotti per uomo d’affari, e dai completi di flanella e di gabardine. Dio mi guardi dalle parole incrociate e dagli adùlteri, dai cani bassotti e dalle piscine private, e dalle tartine al caviale con vodka al limone, e dalla gente compiaciuta di sé, e dai praticelli all’inglese, e dalle riunioni dell’Associazione insegnanti e genitori.

A scriverlo è Charles Flint, l’autodefinitosi “evaso dai suburbi”, protagonista di uno dei racconti di John Cheever, Il guaio di Marcie Flint — e non è difficile immaginare che c’è molto del pensiero dell’autore dietro a quello del suo personaggio.
Soprannominato “il Čechov dei sobborghi”, nella suburbia Cheever ci nacque (a Quincy, Massachusetts), ci visse a lungo e ci morì. Abitava a Ossining, non lontano da New York, località che non a caso è stata scelta per la casa di Don Draper, protagonista di Mad Man, serie che molto ha attinto dalle short stories di Cheever, soprattutto per quanto riguarda le trame familiari lontane dagli uffici e dai locali di New York.

Arcades #2 – London

Il sobborgo logora chi ci abita — in un rapporto di amore/odio che tutti i “periferici” conoscono — ma logora anche chi ci è cresciuto e se ne è andato, richiamando gli esuli col proprio canto di sirena che ha il sapore dei ricordi, delle casette tutte uguali, dei praticelli, delle strade deserte di notte e — per quelli della mia generazione — degli oratori e delle sale giochi.
Da un posto simile viene anche Wendy Huynh, fondatrice di una nuova rivista indipendente che si chiama Arcades e che prende il nome proprio dalle sale giochi.

Huynh è cresciuta nei sobborghi di Parigi (frequentava un centro commerciale che, guarda un po’, si chiamava Les Arcades: altro riferimento per il nome del magazine) e ha studiato Comunicazione della Moda alla Central Saint Martins di Londra, dove, come progetto finale, agli studenti veniva richiesto di creare una rivista. Al momento di scegliere il tema del progetto editoriale, lei non ha avuto esitazioni, ha ascoltato le sirene ed ha optato per le periferie.

Arcades #2 – London

Andando ad esplorare le tante tipologie di suburbia esistenti, ogni numero di Arcades ruota (come le stesse periferie) attorno a un grande centro urbano. Nel primo numero, ormai andato esaurito, la città era Parigi mentre nel secondo l’invisibile protagonista è Londra.

«La selezione dei contenuti nasce mentre si fa ricerca nel sobborgo stesso. Di solito comincia con le persone che voglio fotografare, che poi a loro volta mi portano nella loro zona, mi presentano ai loro amici e via così. Oppure inizio con una lista di luoghi che voglio documentare in termini storico/architettonici come base dalla quale partire per l’esplorazione. Mi piace mantenere il processo il più organico possibile. La rivista è principalmente documentaria, segue la routine o il viaggio di qualcuno che vive nei sobborghi e ospita anche artisti del posto o che lavorano lì», racconta Wendy Huynh in una recente intervista rilasciata alla rivista Grafik.

Arcades #2 – London
Arcades #2 – London
Arcades #2 – London
Arcades #2 – London
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