Da qualche anno ormai questa rubrica è aperta, e le parole ci hanno accompagnato, tra pretestuosi voli pindarici e rigidissime conseguenze logiche, in mezzo a ciò che viviamo.
Con il passare di questi post, chiacchierandone con amici e colleghi, incontrando alcuni ultras dei bisticci in giro per eventi o mercatini, ricevendo i vostri commenti, ho imparato una cosa che vorrei condividere con tutti voi e che avrei voluto capire prima: la cosa più importante per l’uomo, che malgrado ciò che si legga sui giornali rimane un animale sociale, è spiegarsi. Comunicare con gli altri, lottare per avere da qualcuno un momento di attenzione in cui potergli dire qualcosa.
Ed ecco dunque trovato un senso della lingua e del linguaggio: permettere di avere un modo per sintetizzare un qualcosa senza doverlo vivere davvero. Ed è tanto.
Pensate se tutti noi si dovesse passare da un convento obbligati dalla famiglia per capire i travagli della Monaca di Monza, o se dovessimo davvero bruciare ogni giorno in mezzo alle fiamme per poterci immaginare un inferno.
In questo senso la cultura è qualcosa scoperto da altri che noi, grazie ad un linguaggio che conosciamo, possiamo studiare e fare nostro. Anche le scienze sono così.
Proprio questa specie di illuminazione, che per alcuni sarà banale, per altri interessante, per altri ancora noiosa o del tutto gratuita, mi ha stimolato e proporre un primo bisticcio in una lingua diversa dalla nostra. E a mandarlo a Richard Kostelanetz, professore, artista, studioso newyorkese che da anni scopre nel nostro modo di comunicare degli elementi che diventano opere d’arte esemplari.
Nel 1977 ha fatto One Night Stood, che esemplifica possibili conversazioni tra due ragazz* che passano una notte assieme (e un* pare non essere molto per la quale). Io, che ho avuto una delle pagine di quell’opera appeso a mo’ di poster in camera per alcuni anni, mi sono reso conto di come Richard avesse 40 anni fa immaginato una chat di quelle di oggi. Anche nell’aspetto, che tanto ricorda una schermata di WhatsApp o Facebook Messenger.
Comunque nel mondo stanno succedendo cose più importanti di quelle che accadono nel mio cervello, e dal prossimo bisticcio vi prometto che torniamo a parlare della vita vera. Perché vi voglio bene.