Vincitore del Premio Nobel per la Medicina nel 1906, lo scienziato spagnolo Santiago Ramón y Cajal, nato nel 1852 in un paesino di montagna poco più a sud dei Pirenei, cominciò a studiare l’intricata struttura del cervello umano quando nessuna lingua aveva ancora coniato un termine appropriato per raggruppare gli studi scientifici compiuti sul sistema nervoso (neuroscienza, come parola e come disciplina, ha origine solo negli anni ’60).
Nel 1887 Cajal scoprì il cosiddetto metodo di Golgi, messo a punto pochi anni prima dall’omonimo chirurgo italiano (che tra l’altro condivise ex aequo con Cajal il Nobel, suo malgrado, perché i rapporti tra i due non furono molto amichevoli, come ben racconta una puntata del programma Destini incrociati di Radio 24).
Il metodo consentiva, attraverso quella che Golgi chiamava “reazione nera”, di evidenziare con una colorazione scura la fitta e ramificata struttura delle cellule cerebrali, in modo da poterle osservare e studiare meglio.
Cajal non fu l’unico a utilizzare questa tecnica, ma la perfezionò e la utilizzò per osservare, descrivere e soprattutto per illustrare come nessuno prima di lui le strutture neurali. Ciò che lo distingueva dai colleghi, a parità di materiali e tecnologie, era la sua passione per la pittura e l’illustrazione, che praticava fin da ragazzino con una certa abilità.
Mentre molti si “perdevano” nella foresta di neuroni e sinapsi, Cajal riuscì a ricostruirne la struttura grazie al suo occhio da scienziato e al suo spirito da artista.
Quella della foresta è una metafora usata spesso dallo stesso Cajal, e presa in prestito anche dal neuroscienziato, illustratore e fumettista Matteo Farinella e dalla neuroscienziata Hana Ros nel loro bellissimo graphic novel Neurocomic, pubblicato nel 2013 dall’editore inglese NoBrow (e in Italia da Rizzoli Lizard), in cui compaiono anche Golgi e Cajal.
E ad aggovigliatissimi boschi assomigliano talvolta gli splendidi disegni dello scienziato spagnolo, recentemente raccolti e pubblicati da Abrams Books in un libro dal titolo The Beautiful Brain.
«Immagina di entrare in una foresta con cento miliardi di alberi, armato soltanto di un blocco da disegno, osservando ogni giorno pezzi sfocati di quegli alberi impigliati gli uni con gli altri e, dopo averlo fatto per alcuni anni, provare a scrivere una guida illustrata della foresta. Non andrai da nessuna parte se disegni semplicemente ciò che vedi ogni giorno; avrai bisogno di costruire un inventario mentale delle regole della foresta, e poi cercare scrupolosamente di inserire in quel contesto ciò che vedi, o essere abbastanza flessibile da permettere a ciò che vedi di rimodellare le idee che ti sei fatto», scrivono in uno dei saggi che accompagnano i disegni di Cajal Lyndel King e Eric Himmel — rispettivamente direttore e capo curatore del Frederick R. Weisman Art Museum di Minneapolis e chief editor di Abrams Books —, sposando la tesi del “disegnare come forma di pensiero”.