Dopo aver accumulato contenuti, splendidi contenuti, per quattro anni. Dopo aver deciso di fare il salto nel vuoto, investendo tempo e denaro in una rivista vera, di carta.
Dopo esser riusciti a raccogliere soldi attraverso una campagna di crowdfunding — e chi ne ha fatta una sa quanto può essere devastante per le energie e per il morale — e, finalmente, aver mandato tutto in tipografia, passato una mano, immagino con le lacrime agli occhi, sulle prime prove di stampa.
Dopo aver tenuto in mano il primo “pargolo di carta” con l’intenzione di non lasciarlo più ma imparando presto a chiudere i rubinetti dell’emozione quando capisci che bisogna cominciare a spedire copie in mezzo mondo, e appena chiuso un numero ripartire immediatamente, via, al lavoro sul prossimo.
Se ad alcuni tutto questo potrebbe apparire come un inferno, per chi fonda una rivista è semplicemente dare ossigeno a una passione bruciante. E quelli di Polpettas sono bravissimi a fartela assaporare pagina dopo pagina, questa passione.
Fondato nel 2011 da Margherita Visentin, Polpettas è un magazine online che si occupa di cultura contemporanea e che a fine 2015 ha lanciato l’omonimo semestrale.
Dopo il canonico numero zero — che nell’editoria periodica, oltre a servire per “tastare il polso del pubblico” è ormai una sorta di rituale scaramantico — di cui parlai a suo tempo, da qualche settimana è uscito anche il numero uno, ovvero il debutto ufficiale in società.
Un debutto col botto (mi si perdoni l’assonanza facile facile) perché Polpettas on Paper #1 è una di quelle pubblicazioni che sembrano fatte appositamente per essere messe in valigia e portate con sé durante il break estivo, quello in cui puoi sederti con tutta calma e leggere e sfogliare.
Si parla di design e di arte contemporanea, di viaggi e di fotografia; si finisce in qualche appartamento di Madrid o sull’Isola d’Elba attraverso cartoline d’epoca; si gira la California e si va addirittura su Marte (che però scopro essere molto più vicino di quanto pensassi).
«La parte più bella del nostro lavoro è incontrare le persone, parlare con loro, fotografarle, e la parte più difficile del nostro lavoro è trasmettervi questo incontro nel modo più onesto possibile», scrive Margherita Visentin sull’editoriale di apertura. E a quanto pare lei e la sua squadra si sono goduti la parte bella ma sono riusciti a far funzionare anche quella difficile.
