Ha lavorato per oltre trent’anni come art director quindi, volente o nolente, i caratteri tipografici sono entrati a far parte del suo stesso DNA. Circa vent’anni fa ha cominciato anche a collezionarli, prendendo le gigantesche lettere delle insegne dismesse e accumulandole un po’ ovunque, sia in casa che in ufficio.
Quando poi un giorno ha deciso di trasferirsi lontana dalla città, nei dintorni di Atlanta, in Georgia, USA, tirando fuori dagli scatoloni la sua collezione di lettere ha iniziato a vederci delle creature: gatti col muso appuntito a forma di A rovesciata, elefanti in grassetto, cani abbaglianti, strani omini con volti vagamente picassiani.
A quel punto June Corley si è messa ad assecondare quella fugace epifania, dapprima per gioco, cominciando a costruire il suo “bestiario tipografico” nei ritagli di tempo, fotografando le sculture che ne uscivano fuori e poi stampando le immagini in dei libretti che — come ha raccontato lei in un’intervista per la rivista americana How — regalava per Natale.
Come tutte le belle cose, che puoi tenere nascoste quanto ti pare ma è come se “sgambettassero” di propria spontanea volontà per uscirsene nel mondo, una gallerista le ha notate, è stata organizzata una mostra, la mostra ha avuto successo, hanno cominciato a parlarne i giornali e, com’è facile immaginare, l’art director che si è ritirata fuori città da allora non ha più smesso.