Everything in its right place, cantavano i Radiohead.
Everything in one place, rilancia questa folle iniziativa
Non fosse un’impresa impossibile, la sola idea di provarci farà venire la bava alla bocca ad ogni maniaco della catalogazione e degli archivi.
Perché—udite udite—il progetto probabilmente irraggiungibile ma tanto, tanto affascinante è quello di raccogliere in un’unica piattaforma immagini e informazioni su ogni (ogni!) singolo manufatto, prodotto industriale, opera d’arte, ciarpame da mercatino delle pulci, attrezzo mai prodotto dall’essere umano, dall’età della pietra ai giorni nostri.
Unico discrimine: l’oggetto dev’essere tangibile, fisico.
La piattaforma in realtà c’è già: si chiama Thngs, per ora è in versione beta e ha cominciato a raccogliere cose. Macchine per scrivere, fotocamere, sneaker, capi d’abbigliamento, vecchi stereo portatili, calcolatrici, francobolli (che collezione universale sarebbe, dopotutto, senza una collezione di francobolli?), snack, bibite zuccherate, scatole di Tic Tac, sintetizzatori, sculture, medaglie, poster… in una sorta di versione sotto steroidi di quel progetto già pazzo che è Inventario.
Lo scopo dichiarato di Thngs è archiviare e dunque salvare la memoria degli oggetti.
Sul sito c’è scritto infatti:
Siamo circondati da cose. Ogni cosa è una fonte di informazioni oggettive, informazioni sul nostro passato, presente e anche futuro. Le cose sono la memoria fisica del genere umano. Ma le cose si rompono, si danneggiano e, col tempo, scompaiono. La conservazione fisica di tutte le cose non è possibile ma possiamo conservare le informazioni che le cose contengono. Salvando le informazioni sulla cosa, salviamo la cosa stessa.
Per farlo, però, è necessario farlo tutti assieme. Nel senso che la piattaforma si basa sul concetto del crowdsourcing, e cioè sull’aiuto di un’enorme massa di persone. Da qui l’invito a iscriversi alla versione beta (io ho già richiesto l’invito ma non ho idea di quanto tempo ci voglia per ottenere un accesso), che poi si potrà utilizzare per fare la propria piccola parte, e cioè catalogare, sia inserendo i propri oggetti—con la possibilità di avere una sezione privata, un vero e proprio inventario digitale di tutti i propri averi—sia andando a inserire, controllare o correggere le informazioni e le storie di ciascuno oggetto.
In pratica una “Wikipedia delle cose”.
Concepito dal designer russo Dima Dewinn e presentato poco più di un anno fa al FutureEverything Festival di Manchester, Thngs sta via via riempiendosi di oggetti.
La base del sistema Thngs è il tempo, e l’unità di questo sistema è una cosa. C’è una linea cronologica che va dall’oggetto più antico mai realizzato (per quanto ne sappiamo), fino ad ultimo. A chi collabora diamo gli strumenti per aggiungere cose e riempire così gli spazi vuoti della timeline.
Al momento, senza iscrizione, è soltanto possibile navigare l’archivio—ottima esperienza anche soltanto questa, comunque—potendo entrare nella scheda con le informazioni e le immagini di ciascun prodotto, fare ricerche in base alla timeline, all’anno/periodo o al paese di produzione, all’azienda, al tipo di prodotto.
Missione impossibile o no, quindi, resta comunque un meraviglioso luogo della rete e potenzialmente l’archivio totale e definitivo.