Green: una guida alla marijuana fatta come un libro d’arte

Dalle nostre parti — causa legislazione antiproibizionista e morale cattolica — un rapporto sano con la marijuana non riusciamo proprio ad avercelo, e siamo ancora immersi (parlo dei consumatori di ogni età, pure quelli che a un certo punto si liberano dell’estetica cheap fatta di “foglie di maria” e il rosso-oro-verde panafricano stampati sulle magliette, gli accendini, i posacenere, i portafogli, i portafumo) in un adolescenziale darsi di gomito, nei sottotesti, negli ammiccamenti…

Negli Stati Uniti invece — dove l’erba è legale, almeno per uso medico, in ben 23 stati + Washington D.C., mentre in Colorado è addirittura legalizzato l’uso ricreativo — l’enorme giro d’affari (parliamo di più di due miliardi di dollari all’anno) si sta portando dietro tutta una serie di prodotti, di figure professionali, di strategie di marketing e di comunicazione di solito riservate a sostanze senza principi psicoattivi.

Attrezzature per fumare, coltivare o conservare la marijuana con prezzi e qualità da mercato del lusso; critici che scrivono recensioni, come si parlasse di vino o di ristoranti; discussioni sul redesign del logo.

E ora, dopo anni in cui le guide alle tipologie, alla coltivazione, al rollaggio o su come preparare i biscottini che ti mandano fuori di testa le trovavi su siti web disegnati male o su libretti dal design orribile e tradotti da una scimmia stonata, finalmente esce pure un libro sulla marijuana degno di questo nome: un volumone che per progetto grafico e qualità delle immagini sembra più un libro d’arte che un manuale per consumatori d’erba.

Si chiama Green, uscirà il prossimo 17 maggio ed è stato curato da Dan Michaels, cioè il fondatore di Sinsemedia, uno studio creativo interamente dedicato alla comunicazione e al marketing relativi alla marijuana.
Le foto (splendide!) sono di Erik Christiansen, che invece è il fondatore di Nugshots, un’agenzia fotografica che — indovina un po’ — è specializzata in lavori relativa all’erba magica.
Il design, infine, è opera di Pentagram, uno degli studi creativi (stavolta non “ganjspecializzato”) più importanti a livello mondiale.

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