La memoria è variabile e multiforme, cambia con il tempo che passa, assume significati diversi, si differenzia da persona a persona nelle varie stagioni della vita. Si allena o si può tranquillamente trascurare (sic!), non te ne danno neanche una di scorta, per adesso non è portatile, intercambiabile, scambiabile, “deletabile”, sopratutto è personale.
Stranamente si ricordano meglio le cose che ci fanno piacere, si tende a nascondere o a rinchiudere in cassetti oscuri avvenimenti o situazioni spiacevoli, si balza indietro con i ricordi trasportati da un’odore o una sensazione, quasi mai facciamo memoria della memoria stessa.
Non ci accorgiamo di quello che immagazziniamo, spesso desideriamo non scordare niente, fortunatamente prima o poi scordiamo tutto, rimpiangiamo di non avere una memoria di ferro — o forse meglio di silicio e carbonio — e abbiamo cominciato a devolvere a device che presto diventano obsoleti parti della nostra conoscenza e del ricordo.
Non stampiamo più le foto a ricordo e memoria di quello che abbiamo vissuto, ci affidiamo a supporti di memoria dal formato sempre più piccolo, perdiamo memoria, lavoro, dati, ricordi e sensazioni per inconsulte sbadataggini tecnologiche.
Condividiamo anche leggermente memorie virtuali con i primi che capitano, lasciamo memoria di noi stessi in nuvole di bit, sempre meno spesso prendiamo appunti su oggetti una volta imprescindibili e insostituibili come i taccuini, abbiamo fatto della memoria una calcolo approssimativo ma tutt’altro che perfetto.
Sedendoci davanti all’Analog Memory Desk della “multiforme” designer Kirsten Camera possiamo forse cercare di recuperare un po’ di quella memoria visiva-descrittiva che tanto era utile quando si studiava, per non perdere il vezzo di saper scrivere con una penna o una matita, non affidando tutta la nostra capacità di concentrazione e ricordo a un ticchettio diffuso di tasti dalle svariate dimensioni.
Un chilometro di foglio di carta per appuntarsi l’impossibile, una manovella antica come il mondo per andare avanti e indietro tra le pieghe del tempo e della memoria, analogicamente vintage, incredibilmente attuale.