In catalano Andròmina significa rottame, qualcosa che un tempo, per qualcuno, aveva un valore, un significato, un’utilità ma che poi, a un certo punto, ha finito per diventare un rifiuto, un avanzo.
Un nome azzeccatissimo per un nuovo magazine “made in Barcellona” che si propone di parlare di oggetti, della vita di chi li usa o li ha usati, del senso (o, più spesso, del non-senso) che ha accumularli, dell’importanza che le cose hanno assunto nella nostra epoca di iper-produzione e cultura usa-e-getta, ma anche della storia che c’è dietro agli oggetti stessi e quindi la progettazione, la produzione, l’uso “canonico” e quello invece frutto del caso, della decontestualizzazione, del colpo di genio.
Sotto la direzione creativa di Albert Romagosa, che ha curato anche il design editoriale, il primo numero di Andròmina — 112 pagine piene di contributi scritti, su invito, da designer, artisti, architetti che parlano del loro stesso lavoro, della loro stessa “roba” — è in vendita online.
E se decidi di mettertene una copia in libreria, magari puoi sistemarla accanto a questo pamphlet che ti spiega come liberarti dalle cose superflue.