Compagni di viaggio #1: intervista a Jean-Michel Zurletti

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Ho incontrato Jean-Michel nel 2014, durante una residenza nella regione di Limoges.
Subito i suoi libri non mi sono piaciuti. Ho trovato il disegno troppo elementare e non mi ha incuriosito abbastanza per aprirne uno. Poi, durante la tavola rotonda di presentazione ai bibliotecari Jean-Michel ha recitato un paio dei suoi testi.
E ne sono diventato un fan.

A un primo ascolto i suoi testi sembrano solo suoni senza senso pronunciati con un’intonazione che li fa sembrare parole.
Per esempio:

Lebibidebébélebabouinbabilladelafaimtoutseulsonbibiilbabina

Al secondo ascolto capisci che invece i suoni hanno un senso eccome, sono vere parole, scelte di proposito per creare assonanza.

Le bibi de
bébé le babouin
babilla de la faim
tout seul son bibi
il babina

* * *

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Hai una storia su buffa sul come sei arrivato ai libri per bambini. Vuoi raccontarla ai nostri lettori?

Sì, è abbastanza buffa. Una banale storia d’amore che finì male (per me). È successo più di venti anni fa. Dopo sei mesi di passione lei mi lasciò per tornare con il suo primo amore. La separazione fu dolorosa tanto per lei che per me. La sera in cui mi ha lasciato mi disse: «Se fossi una fata mi dividerei in due». Ma non era una fata.
Lei aveva la passione per i libri e gli autori per bambini. Uno dei primi libri che mi fece vedere era Chien bleu di Nadja poi Petit bleu, petit jaune di Lionni. Con lei ho scoperto una letteratura, un mondo che mi era sconosciuto. Allora, puerilmente, quando lei se n’è andata ho preso la decisione più importante delle mia vita. Per riconquistarla, un giorno, sarei diventato un illustratore per bambini. Sarei diventato famoso e lei mi avrebbe amato di nuovo.

E allora? Ci sei riuscito?

Nel 2006 avevo pubblicato 5 o 6 album. Un laboratorio in una mediateca di mi ha portato dalle sue parti, dove viveva con suo marito e i bambini. Sono stato a trovarla, le ho portato i miei libri per i bambini e l’ho ringraziata. Non so se ha capito. Si è solo messa a piangere.
Io no, devo dire che non ero più innamorato.

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Raccontaci della tua formazione: hai seguito dei corsi di illustrazione ?

Non ho preso una sola ora di corso di disegno nella mia vita. Spesso ai saloni del libro dico ai colleghi che io sono finito a fare questo lavoro per caso. Grazie a questo penso che si possa associare il mio nome ai miei album al primo sguardo. Disegno e scrivo fuori da ogni regola grafica o linguistica, non per spirito di rivolta o contraddizione, che sarebbe sciocco, ma semplicemente perché non conosco le regole.
L’illustrazione è un mestiere che si impara. I professionisti non mancano di farmelo notare. Generalmente non amano il mio lavoro di illustratore, e hanno perfettamente ragione perché non sono un illustratore e non illustro, diciamo che penso graficamente.
Da ragazzo non avevo nessuna dote per il disegno e purtroppo il mio percorso scolastico mi ha portato verso studi di diritto. Mi ci sono voluti otto anni di perseveranza, un centinaio di maquettes (che conservo ancora in garage) prima di riuscire a convincere un editore a pubblicarmi.
Era il 2000, con l’album Crapauds sur le pot, comprato da Lirabelle.
Il rifiuto degli editori non mi ha mai scoraggiato. Al contrario. Il fallimento è costruttivo. Sapevo bene di non essere pronto.

I tuoi libri sono scritti in modo molto particolare, sembra che nascano già per essere recitati.
È così? Come costruisci i tuoi testi?

Nei miei album il ritmo è essenziale. I miei libri si leggono ad alta voce. Il suono è privilegiato, il senso è secondario. La costruzione dei miei testi è partita da una constatazione: non potevo scrivere ciò che non ero in grado di illustrare. Essendo limitato nell’espressione grafica ho trovato un compromesso tra testo e immagini. A un pensiero troppo complesso che rimandava a immagini troppo difficili da illustrare si è sostituito poco a poco una struttura linguistica più accessibile alle immagini che mi venivano in mente. Poi, visto che non ero bravo con la matita, ho cominciato a disegnare con le forbici.

Tu sei autore completo di tutti i tuoi libri. Non hai mai avuto voglia o l’occasione di illustrare storie altrui? E di scrivere per altri?

Lavorare con qualcun altro non è facile perché concepisco il testo e l’immagine come una sola entità, in cui una cosa è il prolungamento dell’altra. Comunque mi è capitato due volte.
Lili note, nel 2007, nato dall’incontro con una ragazza la cui madre soffriva di Alzheimer, che ho illustrato, e La pomme et le hérisson, illustrato magnificamente dal pittore giapponese Satzuki Baku che abita a Kyoto.
Era un testo in prosa troppo lungo e complesso che non riuscivo a illustrare per il quale il mio editore mi propose Satsuki.

I tuoi testi mi sembrano abbastanza intraducibili. Ne esistono edizioni straniere ?

Sì. Proprio lo scorso ottobre un editore cinese ha comprato i diritti per Le livre que l’on secoue.

* * *

Il libri di Jean-Michel Zurletti li trovate presso:
Lirabelle éditions
L’atelier du poisson soluble
Âne Bâté Editions

editorialista
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