(fonte: thebolditalic.com)

Che succede quando diventi un trentenne

«Se vedesse bene, trentenne, metterebbe mente nelle scelte, genererebbe l’erede, cercherebbe mercede nelle terre estere e vedrebbe che serve sedere…», parola di Federico Demartini, il nostro bisticciatore ufficiale, che poco più di un anno fa ha tradotto in video una sua poesia monovocalica in chiave di E (se leggi e ascolti bene, la E è l’unica vocale utilizzata), intitolata Trentenne.

Ché finché stai nei venti, anche se inizi a percepire che il mondo non vede l’ora di metterti sul groppone tutto il peso dell’aspettativa e della responsabilità, non ci fai troppo caso. Ma poi ecco che scatta qualcosa quando al conto del tuo viver terreno scende un’altra decina — Clac — e arriva quel 3. E pian piano i segni del mondo reale si accumulano sulla scrivania, dentro al portafogli, nei cassetti, in quel monolocale dentro al cervello abitato dalla coscienza, che fino a quel momento se ne stava tranquilla senza disturbare e poi invece inizia a reclamare un bilocale, un trilocale, un attico lì tra i neuroni un tempo selvaggi e ora colti di sprovvista dall’improvviso e dittatoriale richiamo all’ordine.

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Eppure mio padre mi aveva preparato. A dirla tutta mio padre è da sempre che, tra il serio e il faceto, mi piazza davanti lo scorrere del tempo con dieci anni di anticipo sull’anagrafe.
«Hai vent’anni…» mi diceva con paternalistica ironia quando a quindici, sedici anni facevo le mie prime cazzate.
«Hai trent’anni…» se la rideva quando a venti, ventuno, me ne uscivo con qualche infantile dimostrazione di comportamenti, gusti, desideri tardo-adolescenziali.

Poi a trenta sono diventato papà. Sono passato dall’altra parte. Al lato oscuro. Quello dei pannolini, del «niente aperitivo, devo andare a casa a cantare la ninna nanna a mia figlia», delle foto dei pargoli nel telefono, delle bollette, delle riunioni condominiali, della spesa “pensata” (mica birra, pane, affettato e scatoletta di tonno com’era solito fare fino a qualche tempo prima), degli avvisi delle maestre, che hanno pensato bene di scioperare e tu devi riorganizzarti la giornata col pupo sbavante in casa.

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Ma mio padre non ha mica smesso!
Ora siamo agli «Hai quarant’anni…», che si sono ridotti in quanto a frequenza ma che ora hanno un’inedita carica di affettuosità, malinconia, sensazione — da ambo le parti — che il tempo stia sfuggendoci di mano.

Nostalgie a parte, torniamo all’ironia, che trasuda da queste infografiche con cui il magazine The Bold Italic spiega a suon di diagrammi, freccine e parabole cosa significa entrare nei 30.

(fonte: thebolditalic.com)
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