Piccolo manuale dei grandi sbagli

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L’infuocata catena di eventi che mi ha portato a essere quello che sono — “Simone di Frizzifrizzi”, papà e bolognese d’adozione — s’è innescata per sbaglio: la notte in cui ho conosciuto Ethel non avrei dovuto esser lì dove stavo. E un menù fatto di piatti sbagliati preparato con grande fatica per il compleanno della mia dolce metà ha dato il la a quella voglia di famiglia che era già nell’aria e che ha fatto sì che di lì a poco mettessimo in cantiere la nostra prima figlia.

Di sbaglio in sbaglio, di errore in errore, ho visitato posti assurdi e mi sono ficcato in situazioni ancora più assurde, ho conosciuto persone meravigliose, sono entrato in mondi che non pensavo neppure potessero esistere e in questo modo ho accumulato una montagna di aneddoti e di storie, che poi sono il carburante primario del mio lavoro.
Tuttora, per evitate di andare “in riserva”, quando con la coda dell’occhio noto una piccola via di fuga verso l’inesplorata e intricata selva degli errori, mi libero delle strette vesti del rassicurante e mi ci ficco con tutti i piedi.

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D’accordo, lo sanno tutti che “sbagliando si impara” ma di solito questa massima viene usata come (auto)consolazione solo dopo il fatale errore. Quello che invece bisognerebbe davvero imparare — prima, e non dopo — è che sbagliare significa innanzitutto esplorare, buttarsi, sporcarsi e quindi sì, rischiare, ma anche divertirsi, imparare a essere elastici, a saltare gli ostacoli, a cambiare il punto di vista. Insomma, a Vivere con la V maiuscola. E a creare (con la c grande quanto ti pare).

Dalla Torre di Pisa a Cristoforo Colombo, dalla penicillina all’LSD, dai ghiaccioli alle patatine fritte al formaggio di fossa: fin da bambini ci insegnano che dall’errore può nascere qualcosa eppure cresciamo in società in cui quella del controllo è una vera ossessione, in cui errore equivale a punizione, a brutto voto, a presa in giro, a emarginazione e allora via tutti a rifugiarsi in ciò che è pacifico e condiviso, provato e controllato, misurato e ragionevole. Ma poi glielo leggi negli occhi, a quelle pentole a pressione ambulanti, che qualcosa non va, che quella passata tra agende rigorose e strade già segnate non è vita.

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«Sbaglia! Te lo do come compito per le vacanze: fa’ cazzate!», questo bisognerebbe dire ai ragazzini superimpegnati che escono con lo sguardo spento dalle scuole.
È pericoloso? Vallo a dire a Munari, che sull’errore (di percezione, di progettazione, di fruizione) ci ha costruito sopra uno dei più brillanti apparati teorici e pratici del ’900. Vallo a dire al suo “sodale” Rodari, che agli errori ha pure dedicato un libro (Il libro degli errori, appunto) in cui ogni sbaglio è l’occasione per inventare o quanto meno per pensare.

E se sbagliando si impara si può pure imparare a sbagliare, allenarsi a fare errori: è questo lo scopo del Piccolo Manuale dei Grandi Sbagli (d’ora in poi Piccolo Manuale), scritto da Keri Smith e appena pubblicato da Corraini.

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Chi conosce già la Smith (di lei ho già parlato qua e qua) sa cosa aspettarsi o, meglio, inaspettarsi. I suoi sono infatti manuali tutt’altro che teorici. Sono, più che altro, degli eserciziari in cui ogni pagina innesca un’epifania, a partire da un più o meno semplice compito.

Nel Piccolo Manuale Keri Smith ti chiede di danneggiare e riparare i danni, di uscire di casa senza soldi, di lasciare ditate, di creare scompiglio (nel privato ma anche in pubblico) e di perdere l’equilibrio.
C’è da martellare, sgretolare, accartocciare, spruzzare, trascinare, seppellire, grattare, strappare, ritagliare, aggrovigliare, macchiare, rovesciare… A segnarsi i verbi sembra di trovarsi davanti a una guida alla distruzione ma in realtà qua il disfare è innanzitutto fare, a partite però non dal vuoto ma dalle macerie, con lo scopo finale di creare nella propria vita ordinata (e ordinaria) una sana nicchia di caos creativo, una valvola di sfogo dall’ossessione da controllo.

Come a dire che, imparando ad allargare il margine d’errore si possa riuscire ad allargare pure i confini della fantasia, magari andando a scoprire, grazie ai “link” disseminati dall’autrice tra le pagine del Piccolo Manuale, anche la lezione di grandi maestri dell’errore come appunto Munari ma anche Eames, Pollock, Queneau, John Cage, i situazionisti, i surrealisti, il movimento Fluxus, i tessuti Boro giapponesi…

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