In casa: seduto.
Nei bagni pubblici: in piedi.
Water vs. orinatoio? Orinatoio (nel caso si voglia approfondire il rapporto uomo-orinatoio rimando a questo vecchio articolo di Vice).
Meglio ancora dell’orinatoio: l’orinatoio-mangiatoia, che ti fa sentire come una bestia da soma e favorisce la chiacchiera solidale col vicino di pipì. Una volta, durante una festa della birra, io e un francese siamo stati così tanto l’uno accanto all’altro a pisciar fuori tutto quello che ci eravamo bevuti, che abbiamo iniziato a chiacchierare in un inglese biascicato e ruttante e siamo diventati amici.
E poi… E poi ci sono gli spazi aperti. Tutt’altro mondo: la natura, l’erbetta frusciante, il venticello che rinfresca i pensieri, il cinguettar (diurno) o il bubolar (notturno), la crocchiante corteccia di un albero che rende la minzione una performance musicale, soprattutto se in compagnia (ché «chi non piscia in compagnia…») e ancor di più se hai compagni di pipì canterini. Ché a me il motivetto, insieme al flusso, scappa sempre.
E anche se la mia sconcertata collega e quasi-consorte Ethel non ha ancora del tutto capito questo mia lato “urino-naturista”, natura batte cesso 100 a 0. In ogni periodo dell’anno, in ogni ora della giornata. Quand’è possibile, ovviamente. Senza disturbar nessuno o contribuire all’entropia del degrado urbano.
Deve pensarla allo stesso modo anche il giovane designer Aravindan Thirunavukarasu — nome impronunciabile ed espressione furbetta ma curriculum di tutto rispetto e pieno di premi — che proprio praticando l’antica arte dello scriver sui muri col getto di pipì ha concepito addirittura una font, The Art of Peeing, da scaricare gratis per riportare un pezzetto di gioioso “piss-writing” anche sui pixel.