Non avendo mai avuto un cane (almeno uno vero: immagino che mia figlia e il suo trip infantile d’impersonare — con un certo talento, devo ammettere — anche le razze meno conosciute, saltellando e scodinzolando e abbaiando in giro per casa, immagino che non contino) non posso davvero capire fino in fondo l’empatia, la forza magnetica, il senso di “branco”, la capacità di comunicare quasi telepaticamente e l’amore (sì, scomodiamo pure quello) che lega un uomo al suo fedele amico a quattro zampe.
Anche se un saggio arabo piuttosto fumato una volta mi ha detto «cane è per caccia, per difesa o per pastore, non per compagnia né per fare giocattolo» il rapporto homo sapiens sapiens – canis lupus familiaris è talmente complesso che la letteratura, in materia, finirà solo il giorno in cui una delle due specie scomparirà.
Nel frattempo godiamoci sia le meravigliose piccole/grandi storie di cani che salvano la vita a qualcuno o che ritrovano padroni lontanissimi, sia gli spaventosi barboncini dipinti di rosa e tremendamente acconciati vittime di signore con troppo tempo libero a disposizione.
E godiamoci pure un gioiellino di rivista come Four&Sons, nata dall’omonimo sito australiano e giunta al suo secondo numero, in uscita a novembre ma già disponibile per il pre-acquisto (chi prenota ora può vincere pure quest’indispensabile amaca per cani.
Là dove «cani e cultura collidono» — questa la descrizione in breve di Four&Sons, che nel secondo numero parlerà di cani come muse di artisti e designer, di cani al cinema, cani illustrati, cani fotografati, cani nudi e cani pelosi, tra splendide foto, saggi brevi e reportage.