Nel variegatissimo, bizzarro, per alcuni disgustoso, per altri ben più che semplicemente eccitante mondo fetish, ci sono “pratiche” difficili da definire in modo categorico ma che anzi, spesso, sfumano in qualcos’altro — per la gioia del feticista, che più la ricerca “iconografica” è complicata e faticosa più si diverte (perché il feticista è innanzitutto un amante della ricerca).
Metti ad esempio la pratica del crushing, cioè lo schiacciar cose: il feticista del crushing di solito si eccita nel vedere donne su vertiginosi tacchi a spillo schiacciare insetti o cose squacquerose tipo dolci, gelatine ma anche merde, perché no? E c’è chi però al tacco a spillo preferisce i piedi nudi e infatti il crushing è un parente del ben più famoso feticismo del piede (c’è pure una categoria a sé, il trampling, ovvero il farsi calpestare — scalzi o meno; a sua volta legato alla fantasia delle gigantesse, enormi donne photoshoppate che distruggono il mondo e spappolano ometti).
Altra variante del crushing, ma senza piedi, è quella di sedersi sulle cose: il cosiddetto squashing (che vira pure nel surreale balloon fetish, feticismo dei palloncini gonfiabili: vedi video). E feticista dello squashing dev’esser stato pure il fantomatico John K., un fotografo dilettante di Los Angeles che per oltre un decennio ha immortalato donne nude, ritratte da dietro, sedersi su tutta una serie di cose: tappeti con la testa d’orso, sgabelli, cuscini, arance, riviste, piatti, persino gatti (insolitamente tranquilli, per giunta).
Di John K. si sa poco, tranne che usava a volte le stesse modelle e che quando morì la sua casa fu confiscata dal comune e le sue cose messe all’asta. È proprio da un annuncio su un giornale che diceva «mobili antichi e porno vintage» che Eric Kroll — leggenda vivente del mondo della fotografia fetish — ha scoperto l’opera di John K., acquisendone l’intero archivio e realizzando con una parte di esso il libro Sitting, pubblicato in un’edizione limitata di 300 copie da Ampersand, galleria d’arte ed editore indipendente di Portland.
Per cultori del genere, ovviamente, ma anche per chi sa apprezzare la composizione, i colori e quell’intrigante tasso di amatorialità delle foto di John K.
[via]