Mentre nelle vesti di papà mi trovavo a vivere tutto l’iter sentimental-ansiogeno del primo giorno di scuola di mia figlia — l’etichettatura compulsiva di ogni singola matita, pastello, temperino, gomma, forbice, righello e colla, i libri da “copertinare”, il sacro diario, lo zainetto gigante su quelle spallucce minute che pareva giusto ieri che me la portavo in giro, sbavante, col marsupio — ritrovavo nel proverbiale fondo del cassetto il giornalino scolastico di quando ero io a portare lo zainetto.
L’anno scolastico era il 1988/89 e il giornalino si chiamava Magic. Dentro c’erano fumetti degni del Dr.Pira, c’erano “reportage” di gite dal panettiere, c’erano barzellette sgrammaticate e cruciverba con errori singolare/plurale. E c’erano pure le interviste: un inquietante piccolo me, all’epoca in quarta elementare, ne aveva fatta una a Zio Paperone. E in quelle poche righe riconoscevo tutti i tic “stilistici” (le puntualizzazioni tra parentesi, l’incipit cinematografico in cui descrivo il momento dell’incontro) che continuano ad accompagnarmi ancora oggi.
I miei quaderni(ni) sono finiti chissà dove, probabilmente andati perduti in qualche trasloco. E gli impacciati temi dell’epoca, quella poesia sul Natale che valse un bravissimo e un abbraccio stretto stretto da parte della maestra («È Natale, è Natale», iniziava così ogni strofa, e proseguiva in un buonismo romantico pieno di uccellini, rametti secchi, strade silenziose, bambini sognanti al sicuro nei lettini, adulti alle prese coi loro problemi ma capaci alla fine di rendere speciali i momenti di festa…), quel racconto sul «Cos’hai fatto domenica con i tuoi genitori?» con cui mia madre mi fece capire che la cronologia degli eventi è noiosa e banale e mi consigliò di ricostruire i fatti col metro del pensiero e non con quello del tempo, indugiando sui piccoli particolari — beh non c’è più niente.
Non c’è più quel corsivo incerto con la f che proprio non riuscivo a fare. Non ci sono i segni rossi-e-blù della maestra. Non ci sono più i resoconti di quei fine settimana felici, visti dal sedile di dietro di una macchina sempre in viaggio, Gianna Nannini o Springsteen o De Gregori come colonna sonora, il viaggio nel viaggio sopra alle mappe mentre filavamo lungo l’autostrada.
I quaderni(ni) sono pezzi di storia. Personale, sì, ma anche collettiva.
Tanto che a Milano, da circa un anno, c’è un progetto — Quaderni Aperti — dedicato proprio alla raccolta e alla condivisione delle memorie scolastiche.
Un’iniziativa che finora ha raccolto oltre 500 quaderni di medie ed elementari dal 1916 ad oggi, digitalizzando tutto e rendendo disponibile online il materiale.
E dallo scorso agosto è in rete anche un tumblr, Quadernini, dove pian piano viene messo online tutto l’archivio. Da seguire, condividere il più possibile e — perché no — se i tuoi, di quadernini, ce li hai ancora, magari donarli a questo gruppo di “creativi, educatori, scrittori e divulgatori” (così si presentano sul sito, come un collettivo) che stanno facendo un ottimo lavoro per ricordare, preservare, non dimenticare e magari pure scoprire quel pezzetto di storia d’Italia passato per i banchi di scuola.