L’Italia, la carnazza, le donne-oggetto

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Incontro Fortuna Todisco in una caldissima giornata di giugno. Lei, barese trapiantata a Milano, è una vecchia conoscenza di Frizzifrizzi, ho già scritto di lei svariate volte — spesso giocando sull’incredibile numero di anagrammi che il suo giocoso nome permette di comporre — e, dopo averla conosciuta online, insieme a lei ho fatto pic-nic, girato tra gli stand del Salone del Libro di Torino, accarezzato caprette, bevuto aperitivi e parlato di braccia (è una lunga storia che forse un giorno racconterò).

Fortuna è a Bologna per ritirare (da Inuit) le risograph della sua ultima serie, che di lì a pochi giorni presenterà da Quadra, la mostra/mercato dedicata all’illustrazione che si è tenuta a Milano il 14 e 15 giugno scorsi.

Ci sediamo in un bar a bere. Con noi c’è il Broggi, caro amico di entrambi, in veste di compagno di bevute ma anche di pornomane e pornofilo, qualifiche che si riveleranno più che mai utili in una conversazione che nei suoi momenti più bassi (e più alti) arriverà a toccare svariate pratiche sessuali sicuramente fuorilegge in diversi Paesi, feticismi vari ed eventuali, frammenti di storia del porno anni ’70.

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A stimolarla, tale conversazione, oltre all’aria da attore di un poliziottesco d’annata del Broggi, l’ultima serie di illustrazioni di Fortuna, quelle uscite fresche fresche di stampa e intitolate MIT, ora in vendita nel suo negozio online: 7 stampe in tutto, la scelta del risograph al posto della serigrafia perché, andando controcorrente, a lei piace fare tante copie.
«Voglio che i miei lavori li abbiano più gente possibile. A prezzo basso», dice.

MIT come carne (meat) ma anche come Italia, per una serie di figure femminili ritratte come quarti di bue: una cartina al tornasole della condizione — ancora attualissima — della donna nel nostro Paese.

Donne pollo, donne insalamate, donne passate al tritacarne o col di dietro che si apre a fiore come in una bella esposizione di affettati…
Le “modelle” — e si vede anche dalle acconciature — sono tutte ispirate alle riviste soft-porno degli anni ’60 e ’70, scovate grazie ad amici collezionisti e sugli archivi online.
«Se facessero una ricerca sulla cronologia del mio browser potrebbero pensare strane cose di me», dice Fortuna ridendo. E continua con «Ho delle immagini che voi umani…» mentre il caro Broggi, i basettoni al vento, guarda il cielo con un sorriso a 32 denti, intento a far mente locale sulla sua, di cronologia del browser.

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La storia della cronologia innesca una delle svariate, lunghe parentesi sul porno che si portano via gran parte della conversazione e almeno un paio di birre a testa, per tornare infine alla carne. Già, la carne. Da dove arriva? La carne delle illustrazioni, intendo.
«Ho usato foto prese online poi ho fatto dei collage con le donne e infine ho disegnato» dice Fortuna. «Faccio sempre mille collage prima di trovare la composizione giusta e poi iniziare a disegnare».

Un’estremizzazione, ovviamente, l’accostamento donna-quarto di bue.
«Non così estremizzata. Io la vedo così», spiega. «Anche sul cibo stiamo vivendo un momento di ossessione e di “pornografia”. Nei fatti di cronaca… È l’epoca in cui viviamo a essere pornografica. E la condizione femminile non è che si sia evoluta poi molto dagli anni ’70 a oggi. Anzi».

E si va avanti a sorseggiare, a guardar le braccia delle signore che passano, le gambe delle ragazze in shorts, l’irreale incarnato color marrone dorato di un lampadato quarto di bue al maschile che passa di lì.

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