Un atlante di solito racconta il presente o al limite — a meno che non si tratti di atlante storico e che dunque vada indietro sull’asse temporale fotografandone i momenti salienti — il passato prossimo, al netto delle mutazioni geopolitiche “last minute”.
L’atlante dunque è una foto, un istante congelato, frutto però di tutto ciò che è stato prima: i movimenti, le dinamiche, le rivoluzioni improvvise o quelle costruite nell’arco di decenni o addirittura secoli.
Nell’istante stesso in cui inizi a pensarlo un atlante geografico è potenzialmente già vecchio. Figuriamoci nel caso si scelga di indagare un mutevolissimo microcosmo come quello della moda, sempre proiettato in avanti, sempre inscritto nel “domani”, da quando una collezione viene concepita fino al momento in cui arriva nei negozi.
Proprio per questo gli atlanti della moda, in un modo o nell’altro, sono sempre atlanti storici, frutto di lavoro d’archivio più che di osservazione del presente o di discussione sugli scenari futuri.
Quando però è nata l’idea di dedicare un volume ai 60 anni del Centro di Firenze per la Moda Italiana — fondato nel ’54 per «promuovere e internazionalizzare il sistema moda italiano» nella città al centro di un territorio che tra progettazione, produzione, artigianalità, eccellenze, fiere e scuole ha contribuito forse più di ogni altro a quel marchio Made in Italy che continua a resistere nonostante tutto e che in ogni parte del mondo è sinonimo di qualità, creatività e bellezza — quando è nata l’idea del volume, dicevo, l’intento non era però soltanto quello di fotografare il presente e dar conto del passato ma di creare un vero e proprio “dispositivo” mutante capace di immaginare il futuro utilizzando quegli stessi “fili” che sono arrivati a noi dalla storia di Firenze e della moda che l’ha attraversata.
Un libro del genere non poteva che essere affidato alla cura di Maria Luisa Frisa, critico e fashion curator, direttore del Corso di laurea in Design della moda e Arti multimediali all’Università Iuav di Venezia e presidente di MISA Associazione Italiana degli Studi di Moda; personaggio che per indole, formazione e curriculum non si trova certamente a suo agio nell’immobilità di una semplice “fotografia” di quel che è stato ma che cerca in ogni caso e in ogni modo (riuscendoci sempre) di districare i grovigli della storia, usandoli come rete capace di collegare tra lori nodi del contemporaneo e di tessere quel che verrà poi.
Edito da Marsilio e presentato durante l’ultima edizione di Pitti Immagine Uomo, Firenze Fashion Atlas è quindi sia un atlante storico, sia un’aggiornata panoramica sulla realtà fiorentina attuale ma è anche una mappa immaginaria delle possibili traiettorie prossime venture.
Un libro paradossalmente mutante — nonostante il supporto, la carta — e frutto di molteplici punti di vista, compreso il mio (mi si perdoni la parentesi autocelebrativa ma far parte del progetto è stato un vero onore, oltre che una sfida che ha comportato qualche nottata passata a lavorare e a tirare avanti a suon di caffè e sigarette), che si focalizza proprio sulle nuove traiettorie indipendenti del fashion design.