35 milioni di euro

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«Ha un nome secondo la stampa americana il misterioso acquirente italiano del capolavoro di Barnett Newman battuto all’asta da Sotheby’s a New York: {omissis}.
L’opera è stata aggiudicata ad un prezzo di circa 35 milioni di euro. Dopo un braccio di ferro al rialzo con altri cinque concorrenti, l’acquirente che puntava per telefono, si è aggiudicato il dipinto a un prezzo da record».

Chissà perché una notizia del genere più che farmi incazzare, mi fa sorridere amaramente pensando ai possibili curiosi retroscena.
Guardate per esempio i due battitori, dalle loro espressioni è chiaro che si stanno parlando.
Ciuffo che è di origine siciliana dice: «minchia che culo!»
L’altro gli risponde a denti stretti: «we’ve ripped ’em off again!».

Nel frattempo, dall’altra parte dell’oceano, al telefono, la signora eccitata che puntava all’asta, batte i piedi per terra dalla gioia, mentre il marito in pigiama a righe è alle prese con un solitario a carte e come reazione al baccano che fa sua moglie leva un cenno seccato con la mano per non essere disturbato.

Nel frattempo Massimo M., tecnico calzaturiero padovano trapiantato in Asia, salta da un aereo all’altro per trovare il fornitore più a buon mercato. Non ho detto migliore.

Nel frattempo Balrak K. si gratta la testa infilando il dito sotto il turbante: da solo nella fabbrica incandescente con tetto di lamiera dopo che gli ultimi operai dopo 14 ore di lavoro sono andati a casa. Per i conti si ferma la sera, anche se da come stanno girando era meglio se andava a casa.

Nel frattempo a Montegranaro il sig. Alberto S. si toglie con calma il grembiule sporco di colla e di lucido da scarpe, entra nella saletta mensa e spiega ai suoi dipendenti che per 15 giorni si andrà a consumare le ferie, dopo cassa integrazione, e dopo ancora non si sa.

Nel frattempo a Ponte di Brenta Gino M., con la moglie sta pulendo le macchine con una energia quasi frenetica. Alza la testa di scatto e risponde alla moglie che lo interroga con gli occhi: «con quei prezzi non ci stiamo dentro…»

Nel frattempo a Milano la signora Giulia L. esce dalla pasticceria Cova di Milano, ha ancora qualche briciola di brioche sulla manica della pelliccia, si pulisce la bocca, e cammina spedita con le borse piene di scarpe sottobraccio, continuando a ripetere come un mantra la parola “deliziose”: tre giorni fa sembrava dovesse morire in carcere perché era anoressica. Sarà il miracolo delle brioches.

Nel frattempo al bar “da Storto” Giuliano B. con la sua divisa da imbianchino (se si veste di chiaro ha sempre macchie scure, se si veste di scuro ha sempre macchie chiare) mangia un panino guardando la foto del quadro blu con riga bianca sul giornale, toglie le briciole e dice che con un pannello di cartongesso e 20 euro glielo faceva lui.

Nel frattempo a Roma la dottoressa Maria A. riceve la comunicazione dal sovrintendente che i lavori di consolidamento dell’affresco a cui stava lavorando insieme alle altre tre socie della cooperativa saranno sospesi per mancanza di fondi.

Nel frattempo nel bagno di casa sua Annamaria G. commessa con partita IVA guarda la provetta che rivela un esito positivo, non sa se ridere o se piangere, per sicurezza si mette a piangere.

Nel frattempo sprofondato nella poltrona del suo ufficio il famoso stilista, con le dita nel naso come un semplice fattorino, spiega al suo interlocutore che ha parlato “con quelli nuovi” e che pare che siano d’accordo che chiudersi al mondo con una legge “provinciale” come quella sul made in Italy sia protezionismo antistorico.

Nel frattempo il mondo va avanti e, particolarmente in questo periodo, nel cinema e nei libri si discute dell’infelicità esistenziale dei ricchi: se per star bene ti devi portare a casa a quel prezzo quel “manufatto” vuol dire che non sei in buoni rapporti con il mondo, come la signora che nella tabaccheria vicino a casa mia alle sette e mezza sniffa la vernice oro dei gratta e vinci.

P.S.
Il signore con il pigiama finita la partita a carte chiede alla moglie se adesso si può togliere il telo. Per vedere il quadro.

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