Da tempo (e sono in buona compagnia) vado dicendo che quella delle riviste erotiche è una delle tendenze più evidenti nel campo della nuova editoria indipendente. Per tutti gli “attori” di questo panorama il modello da cui prendere ispirazione è perlopiù lo stesso, quello dei magazine che hanno anticipato la cosiddetta “Golden Age” della pornografia (che iniziò nei primi anni ’70).
Si tratta di una reazione—prevedibile ma non per questo meno interessante—alla distruzione pressoché totale dell’immaginario erotico, sostituito negli ultimi dieci/quindici anni dal più animalesco e istintivo “clicca-e-vieni” della pornografia online, che ha puntato tutto sul grado zero dell’estetica, sul totale annichilimento del pensiero e sull’apoteosi di semplici azioni meccaniche: sfrega, infila, sbatti, succhia, spingi, slinguazza, mordi, schizza, inghiotti, stantuffa, sfonda, sommergi e via dicendo (tanto che è molto diffusa la pratica di realizzare video-compilation di semplici eiaculazioni—poi ciascuno sceglie il bersaglio preferito: bocca, tette, culo, mani, piedi—togliendo via il già povero contorno).
Le nuove riviste erotiche fanno un passo indietro e tornano all’eccitazione nero su bianco dei vecchi tempi, affidandosi alla fotografia d’autore, alla sapienza degli art director, al citazionismo dei graphic designer, alla capacità di giornalisti e scrittori di raccontare e di sobillare i neuroni spingendoli—con le parole—a produrre dopamina.
Tra gli ultimi nati in questa piccola nicchia editoriale c’è Fetishisms, curata da Amy Nicole Hood, attrice e modella, con la collaborazione di Jonathan Leder, fotografo che con la Hood ha già lavorato per diverse serie di scatti (apparsi anche sul magazine francese Purple).
Ispirata alle riviste erotiche degli anni ’50 Fetishisms Manifesto esce due volte l’anno. Il primo numero, in bianco e nero e pubblicato da poco, si acquista online.