Issues | Pie Paper #4

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Scopro dell’esistenza di Pie Paper solo dopo l’uscita del quarto numero, che però non è effettivamente il quarto, sebbene ne siano usciti quattro. Mi spiego meglio: c’è stato un numero zero, poi un numero uno, un due e saltando a pié pari—la rivista è neozelandese quindi c’è da tener pure conto del fatto che saltare agli antipodi potrebbe avere effetti a catena pure per noi che viviamo a testa in su dall’altra parte del mondo—saltando a pié pari, dicevo, il numero tre, è arrivato il quattro, uscito qualche settimana fa.
Riassumendo: 0, 1, 2, 4 sono effettivamente quattro quindi ufficialmente va tutto bene e gli stessi creatori del magazine devono aver preso la decisione di eliminare il tre (che chissà però se è stato pensato, impostato ma poi abbandonato lì, come una sorta di totem) perché effettivamente il mondo è già pieno di riviste numero #4 che però sono in tutto e per tutto numeri #5.

Ragionamenti per assurdo a parte (da tenere però in conto visto che in quanto a bizzarria la pagina about del sito è già un manifesto d’intenti non indifferente), è il caso di far spazio in libreria perché Pie Paper è molto più che una serie di volumetti con la fobia del tre ma un’opera d’arte che si sviluppa attraverso un sito pieno di mesmerizzanti animazioni e video che pongono interrogativi di respiro universale e soprattutto attraverso un magazine a uscita irregolare in cui ogni numero è dedicato a un tema diverso, tutt’altro che banale—il numero zero parlava della magica geometria del cerchio, il numero uno andava in loop con la ripetizione, il due lasciava il segno con una traccia e quest’ultimo quarto numero guarda niente meno che al fallimento.

Ché c’è fallimento e fallimento. L’errore dopotutto è il succo dell’arte, il carburante per spingersi oltre le proprie capacità e conoscenze (“imparare dai propri sbagli” diceva il saggio). Ma si può pure fallire rovinosamente e irrecuperabilmente. Il futuro stesso, a ben pensarci, non è che un enorme fallimento. In questo momento centinaia di milioni di persone, sulla Terra, stanno pensando qualcosa, stanno preparandosi a farla e puoi star sicuro che non andrà come speravano o s’illudevano che potesse andare. Persino io e te, ora, stiamo mettendo sul tavolo tutti gli ingredienti di un prossimo, pressoché certo, fallimento. Con l’unica consolazione di poter poi bollare con l’ultracontemporanea etichetta d’infamia #epicfail i presenti fallimenti di qualche altro poveraccio che nel passato di sicuro non poteva immaginare quel futuro, che a sua volta diventerà passato e fallirà di nuovo, in un loop degno di una gif animata.
Tutto chiaro?

Ad ogni modo Pie Paper numero 4 è da non perdere. Dentro c’è una sfilza enorme di fallimenti, quelli sì davvero epici e quasi tutti appartenenti a quell’affascinante categoria chiamata “retrofuturismo”, cioè il futuro (rieccolo) come era stato immaginato da quei futuri falliti del passato. Si parla, tra le altre cose, di un sistema di metropolitane pensato per unire tra loro tutte le più grandi metropoli del mondo, di gatti radioattivi, nonché della sempre affascinante teoria del “Mount Stupid”, che merita un mini-approfondimento: se si traccia un grafico e si mette sull’ascissa la conoscenza di un tema e sull’ordinata la volonta di esprimere la propria opinione su quel tema, là dove si sa ancora poco si verifica un’incredibile ascesa del valore y, il monte stupido appunto: in pratica chi meno ne sa più vuol dire la propria; il grafico, che spiega matematicamente le chiacchiere da bar e i programmi del pomeriggio, eccolo qua.

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co-fondatore e direttore
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