Pitti84 | Òkun

Non che sia affetto da sinestesia ma quando mi trovo di fronte a stampe come queste le sento più che vederle. E quello che sento è l’inconfondibile sound di Fela Anikulapo Kuti, l’inventore dell’afrobeat, l’innovatore che mescolò i ritmi africani al jazz e al funky. Il rivoluzionario, il Presidente Nero, odiato dal regime nigeriano dell’epoca—che mandò ben 1000 uomini all’attacco della comune socialista, battezzata Kalakuta Republic, che il musicista fondò nel ’70 a Lagos e dove viveva con i suoi musicisti e la sua enorme famiglia (a un certo punto arrivò ad avere 27 mogli). Nella sua vita Fela Kuti fu arrestato oltre 200 volte, sia per motivi politici che per possesso d’erba (il fratello di un mio amico, quando mi fece ascoltare per la prima volta un disco afrobeat nella sua soffitta, mi raccontò di un leggendario autobus col quale Fela Kuti girava l’Africa, pieno di artisti, donne, figli e barili di marijuana). Una volta venne arrestato persino in Italia, nell’80, appena sceso dall’aereo (per approfondire consiglio un’interessante biografia edita da Stampa Alternativa).

http://youtu.be/6B1wSECScPA?t=6m25s

Tornando alle stampe, non è un caso che evochino i fiati grassi, i ritmi ipnotici e le chitarre funky dell’afrobeat. La matrice è la stessa, quel West Africa dal quale il neonato marchio inglese Òkun—fondato da una piccola squadra di creativi d’origine Keniota, Nigeriana e Senegalese—prende ispirazione per la sua linea di costumi da bagno che si rifanno alle stampe tradizionali africane, attraverso una rilettura contemporanea delle proprie radici.

La nuova collezione (la seconda), presentata al Pitti, si rifà al kikoy, il coloratissimo telo tradizionale keniota usato in origine dai pescatori ma poi diffusosi tra tutti i generi e le fasce d’età e con mille usi: come turbante, sciarpa, come copricostume, telo da mare, porta-vivande, tovaglia, tenda…

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