Pitti84 | Linen Yarn

Dal corpo del cristo, avvolto in un panno di lino (considerando come autentica la Sacra Sindone conservata a Torino), agli antichi egizi che vi bendavano le mummie e lo utilizzavano persino come moneta di scambio, il lino è il più antico tra i tessuti fabbricati dall’uomo. Secondo gli archeologi, già 10.000 anni fa gli uomini primitivi erano in grado di lavorare la pianta del Linum usitatissimum per ricavare fibre: ne sono la prova dei ritrovamenti nei pressi di alcune palafitte scoperte in Svizzera. E in un articolo pubblicato su Science qualche anno fa, un gruppo di scienziati sostenevano di aver rinvenuto fibre di lino in alcune grotte della Georgia, nell’ex-Unione Sovietica, risalenti a ben 36.000 anni fa.

La storia del lino, dunque, è una storia che fin dalla notte dei tempi s’intreccia con quella dell’uomo. Una storia che ora guarda al futuro attraverso un progetto che un colosso del tessile come il Gruppo Marzotto—primo in Europa nel settore—ha presentato al Pitti in collaborazione con Linificio e Canapificio Nazionale e lo stesso Pitti Immagine e che ha coinvolto tre tra le maggiori scuole di moda a livello internazionale, due italiane ed una inglese: lo Iuav, il Polimoda e la Central Saint Martins.

Linen Yarn - Central Saint Martins

L’iniziativa, dall’evocativo titolo di Linen Yarn—ovvero filo di lino, ma in inglese yarn significa anche storia—è nata con l’idea di avvicinare giovani talenti ad un’azienda tradizionale, mettendoli a contatto con quelle che sono le problematiche industriali e promuovendo al contempo il lino, rendendolo più attuale attraverso la visione e le idee di fashion designer giovanissimi, in un’iniziativa volta dunque alla reciproca contaminazione.

Ogni scuola ha potuto scegliere tra un’ampia gamma di tessuti, messa a disposizione del Gruppo Marzotto, ed ha lavorato su un tema differente: la sera, più elegante, per gli studenti Iuav; l’etnico-sartoriale, più sperimentale, per quelli Polimoda; un englishness, più sportivo e casual, quello dei ragazzi della Central Saint Martins.
L’intenzione è quella di presentare il progetto—esposto per la prima volta al Pitti in uno spazio costruito come fosse una serra, dunque altamente simbolico dell’intento di coltivare nuovi talenti—anche nell’ambito di altre fiere e di ripeterlo in futuro, coinvolgendo magari altre scuole, alle prese con tessuti diversi.

Linen Yarn - Polimoda

Mentre giro tra i manichini, osservando i capi e provando a disinserire il pilota automatico che ogni stagione, tra le mura di Fortezza da Basso, a Firenze, si avvia automaticamente appena varcate le porte della fiera—saluti, domande, risposte, foto, scambio biglietti da visita, saluti e via così in un loop che s’interrompe solo quando, due chili di più nella borsa e due di meno attaccati alle ossa, sudati via stand dopo stand, me ne esco per tornare in camera o prendere il treno—gustandomi un’orzata che all’ingresso mi hanno gentilmente versato da un annaffiatoio colorato per aiutare i miei processi mentali ad entrare in modalità slow, incontro Marco Bianchini, uno degli studenti che ha lavorato al progetto per lo Iuav.

Marco lo vedo in carne ed ossa in tutta la sua (imbarazzante, per me) altezza per la prima volta. Ma virtualmente ci conosciamo già. Giusto un mese fa ho parlato della fantascientifica collezione che, seppur giovanissimo, ha avuto l’onore di presentare alla Graduate Fashion Week di Londra.

Linen Yarn - Iuav

Gli chiedo del progetto Linen Yarn. So che a coordinare il gruppo dello Iuav è stato Fabio Quaranta, designer che ammiro a livelli che sconfinano quasi nell’adulazione.
«I capi che abbiamo realizzato portano forse per la prima volta il lino nell’ambito dell’abito da sera maschile, offrendo una visione sperimentale di capi classici come il tight, il frac, la camicia, il gilet e il soprabito» mi spiega Marco.
Domando quale sia stato l’apporto di Quaranta, che so essere molto amato dai suoi studenti e lui mi racconta che tutti loro, gli studenti, hanno lavorato con approcci diversi, dalla destrutturazione dei cartamodelli alla decontestualizzazione del formale fino agli interventi sui volumi, come nel caso dei revers che invece di essere tagliati sono stati “impressi” sul tessuto [dettaglio che noto solo in quel momento: non dimentichiamoci che sono in modalità slow…, ndr].

«Fabio Quaranta» continua Marco «ha avuto un grande peso sulla scelta dei tessuti, scelta che poi si è rivelata utilissima per dare all’insieme dei capi una sorta di omogeneità. È un insegnante molto aperto, che non ti preclude alcuna strada. È stato sempre molto presente a livello di controllo del progetto ma è riuscito a far emergere le caratteristiche peculiari di ciascun capo, e la relativa visione stilistica dello studente che lo ha realizzato, senza offuscarlo».

Linen Yarn

Lì, tra gli abiti, i manichini, gli studenti, i curiosi, 44°C percepiti e un dolce sapore di orzata in bocca (che evoca ricordi di vecchi pomeriggi d’estate e giochi in cortile e il bicchiere d’orzata fresca lasciato da mia nonna sul davanzale della finestra), mi viene da pensare che in quella piccola serra ci sia un vero tesoro: di talento e condivisione, di lucide visioni e sperimentazione. E che di serre come quella e, più in grande, come le scuole che vi sono entrate, ce ne vorrebbero molte di più in un mondo come quello della moda dove—tra i grandi marchi ma pure tra quelli più piccoli, che provano a farsi strada nel mercato—si cerca troppo spesso di accontentare il cliente senza provare nemmeno a metterlo su strade poco battute e senza perdere troppo tempo a disegnare attorno a lui un universo-abito che non si esaurisca con un cartellino con su un nome.
E un prezzo.

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