Da quattro stagioni Tommaso Pinotti ed Andrea Gherla fanno pantaloni. Hanno fondato il loro marchio — Cruna — nel 2010.
« Mi sono laureato in economia e stavo per andare a fare il commerciale estero per tutt’altra categoria merceologica » racconta Tommaso « ma nel 2009, vista crisi e recessione, la proposta economica non era più così allettante quindi sono entrato nell’azienda di mio padre, che ha uffici di rappresentanza in Triveneto e lì ho conosciuto il mio socio Andrea, che era titolare di un’altra linea d’abbigliamento. A lui ho proposto il mio progetto, focalizzato su un pantalone che non trovavo sul mercato. E siamo partiti ».
Il pantalone che cercava doveva avere un’impronta sartoriale, doveva rifarsi al classico ma con una vestibilità attuale, dunque cavallo sceso, fondo stretto; un classico chino con tasca america (la slash pocket, quella tagliata e, di solito, diagonale o verticale) o a toppa (quella cucita esternamente, su tre lati). Che è poi la descrizione dei capi cruna, realizzati in lana e in cotone operato, a tinta unita o con stampe e micro-disegni, dettagli e cuciture a contrasto.
Per il momenti i ragazzi di Cruna puntano sul monoprodotto. « L’idea è di iniziare prima di tutto ad essere riconoscibili per i pantaloni e poi inserire pian piano delle piccole capsule collections stagionali, con prodotti ad hoc e magari su richiesta. Non vogliamo però diventare un marchio che punta sul total-look » spiega Tommaso, che ha 26 anni e crede che paradossalmente, proprio grazie alla crisi economica, questo sia il momento giusto per lanciare un marchio. « Finché sei giovane, dopotutto, puoi permetterti di fare gavetta e farti 4 o 5 anni di “sofferenza” sperando, dopo, di vedere la luce. Sono quelli che da 30 anni stanno nel settore e dall’oggi al domani sono costretti a chiudere le vere vittime dell’andamento del mercato: per loro è dura pensare di adeguarsi al mercato o avere la forza di ripartire ».
Con un prodotto totalmente made in Italy (anzi, di più: per amor di precisione e con un tocco d’ironia i ragazzi di Cruna cuciono sotto al logo, sul retro dei pantaloni, la scritta “made in via della Meccanica”) ed un prezzo al pubblico che sta sotto alla soglia psicologica dei 150 Euro, il marchio punta ad una fascia di clienti medio-alta — che nel settore dell’abbigliamento è quella più affollata, non di clienti ma di marchi, ammette Tommaso — e soprattutto al mercato estero, che già copre il 40% del fatturato dell’azienda, con la prospettiva di raggiungere il 60% nel giro di un anno.
Sempre che in Giappone — loro mercato di punta insieme all’Inghilterra — non scoppi di nuovo la cosiddetta “bolla economica”. « Sarebbe un bel problema » dice Tommaso, che da giovane economista studia quotidianamente i dati e le analisi sulla situazione dall’estremo oriente « visto che è proprio il Giappone a tenere in piedi una bella fetta dei marchi presenti qua al Pitti. E le analisi di settore non lo danno in gran forma… ».