Vaffanculo. O di come l’ANALisi può cambiare la vita (pt.2)

I ragazzi che si prostituivano venivano qualche volta chiamati pegboys perché si sedevano su dei pioli [peg in inglese significa proprio piolo, ndr] per tenere il loro ano ancora dilatato tra un cliente e un altro, così io suggerisco la parola peg. La donna dovrebbe essere la pegger, l’uomo il peggee, l’atto il pegging, e il ragazzo dovrebbe scrivere nel suo annuncio: voglio essere pegged.”
Paris P. – Partecipante al contest di Dan Savage

1970. Mentre nel mondo accadevano millemila avvenimenti importanti e sull’isola di Wight, quella che per noi ha negli occhi il blu della gioventù di chi canta hippi hippi pi, suonavano in nome della pace, della fratellanza, della liberalizzazione delle droghe e del sesso libero, i più grandi musicisti inglesi/americani – e non – di allora, da qualche altra parte stavano girando la trasposizione cinematografica di un libro di Gore Vidal – hai capito a Gore Vidal? – Il caso Myra Breckinridge – titolo originale Myra Breckinridge, omonimo al libro.

Lungi da me a voler discettare minuziosamente di questa pellicola dai tratti a dir poco surreali, è sulla leggendaria Raquel Welch che voglio soffermarmi, in particolare dove c’è quella scena in cui montandosi, anzi no, visto il suo essere mutanda con prolunga da spingimento, meglio indossando, una cintura fallica (chiamata strap-on), gioca all’incularella occupando lei il ruolo di componente attiva:

http://www.youtube.com/watch?v=tvk8v4qzg7c

Click. Fotografia scattata.
La scena assolutamente fuori da qualunque schema esistente per quegli anni, risulta comicamente censurata, perché comico è il film stesso, ma in piena Golden Age of Porn ci pensa Radley Metzger con il suo clamoroso The Opening of Misty Beethoven a rimettere ogni cosa al suo posto e a mostrare una donna che, in pieno divenire del suo ruolo assoluto di regina del sesso, mette prono il suo partner e indossando uno strap-on gli scivola in un’ispezione rettale di piacere.

Ed è qui che vi volevo.
Riavvolgete il nastro e immaginate di sapere già tutto questo.
Ora continuate a leggere.

Non so se ognuno di voi conosca la piacevolezza sensibile del coniare un neologismo, qualcosa che riesca a richiamare una scena alla perfezione, ma davvero avrei voluto esserci allo spoglio della gara indetta dal giornalista americano (di talmente tante testate e redazioni che ne basterebbero la metà) Dan Savage nella sua rubrica Savage Love. Me lo immagino:
“Signore e Signori, è stata dura, ma finalmente abbiamo il conio vincitore, da oggi in poi la categoria uominicheamanovederelelorodonneindossareunostrap-onescopargliilculo si chiamerà PEGGING!”.
Applausi, con le lacrime.

Pensate a quante improprie e immaginifiche espressioni abbiano usato gli esseri umani fino a quel giugno 2001 per descrivere quel momento di intimità e fiducia assoluti.
Pensateci.
Ecco, sì, anche quello hanno usato.
Mai più, da allora Pegging.

Tutte le regole che valevano per il lato B femminile, raccontate nella prima parte, valgono nel caso maschile, ma se proprio si vuole discutere di qualcosa mi vengono in mente queste:

– rottura di un taboo colossale;
– presenza della prostata;
– qualità del dildo.

Se parlare di anal per le donne ancora oggi è così complicato, parlarne per gli uomini finisce per assumere aspetti grotteschi. Per entrambi la risposta più frequente sarà qualcosa tipo: “No, no, no, il culo è fatto per far uscire le cose, non per farle entrare”; che a ben vedere suona un po’ come: “No, no, no, la lingua è fatta per assaporare le pietanze, non per leccare le mucose o l’apparato urinario dell’altro”.

Ma proprio ultimamente mi è capitato di leggere un articolo illuminante sull’anal maschile etero e in effetti ho trovato la risposta perfetta, che parafraserò così: se vi piace la femmina del fico non significa che assaggiando una volta la banana cessi di piacervi la femmina del fico. Questo spiega anche perché molti uomini vanno a trans.

L’omosessualità con la pratica del pegging o con il provare piacere nel fare sesso con un trans, o avere un simile sogno erotico, non c’entra nulla, è una cosa completamente diversa ed è interiore, prima ancora che esteriore. Lo so che il pensiero di farvi trapanare da proni dalla vostra compagna vi mette una qualche soggezione e manda a puttane quel lavaggio del cervello in cui è l’uomo quello che offre, non quello che prende, ma il sesso è un gioco e, come per tutte le cose, se c’è il rispetto e la voglia di condivisione e il calore giusti, non esiste un gioco che non sia divertente o che per lo meno non valga la pena provare.

Quindi siamo al secondo punto. Diversamente dall’anal nelle donne, nell’uomo c’è una cosa in più, si chiama prostata: una castagna che in un maschio di circa trent’anni pesa intorno ai 20 grammi.
Innanzitutto esistono almeno un paio di pratiche di stimolazione esterna, nella prima dovete premere con due dita e non troppa forza durante un qualunque rapporto – ehi ci puoi giurare, amico, funziona anche con l’autonoma masturbazione! – sulla parte inferiore dell’addome che precede il vostro volatile, nella seconda pratica, che non ho mai provato né mai capito bene, dovreste apporre le labbra sulla punta dell’augello come se steste respirando da una cannuccia – che se ci riuscite da soli non posso far altro che stringervi l’altra mano, quella che non dovreste aver utilizzato e farvi i miei complimenti – fino all’arrivo dell’orgasmo intensissimo. Piccola nota, pare che questa pratica prolunghi in durata e in intensità l’orgasmo maschile noto anche come: “ah Ah AH … ah”.

Ma a parte le stimolazioni esterne, questa castagna, stantuffata a dovere, con il giusto ritmo e con adeguati, pare lunghiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiissimi tempi, anche senza stimolazioni ulteriori, intese come stimolazione del glande, può produrre l’orgasmo più intenso che nella vostra vita maschia possiate mai avere, perché molto simile a quello femminile. La prostata è difatti una specie di punto G per l’uomo, la regia mi dice che si chiami punto L, “ma se sbaglio voi mi correggerete” [cit.].

La qualità del dildo ha la stessa importanza della qualità di un’erezione e qui penso che non ci siano spiegazioni particolari da dover fare, forse, eccetto una per quanto ovvia.
Innanzi tutto, e qui metto giù il piatto forte della cena, il migliore sul mercato è quello che offre una mutandina estremamente elastica e avvolgente dotata di due estremità sporgenti, una interna vibrante, a volte comprendente un secondo stelo anche per l’altra corolla, e una esterna mossa dai fianchi della vostra amorevole lei.

Ma c’è un però.
Mentre i tessuti carnosi maschili, anche dove “marmorei”, son sempre carnosi, uno strap-on in tutti i suoi materiali, eccezion fatta credo per quelli in silicone, che però ho letto non particolarmente adatti per le robuste sessioni di scavi intestinali, son sempre più dure di qualunque ano. Quindi andateci piano, lubrificate tutto come se non ci fosse un domani e soprattutto cominciate con qualcosa che possa dilatare la zona in maniera crescente. Ma almeno in questo, signori, credo che siate in buone mani, perché in quanto a pazienza, nel sesso, le donne non hanno nulla da imparare da nessun uomo.

Ultimo e più importante, perché spiega e include tutto.
Il pegging non è un semplice buttadentro al maschile.
È una pratica che comunque appartiene al mondo BDSM ed è solo in un contesto di donna + strap-on (dildo indossabile) + uomo che esiste questo risultato, difatti prima del contest indetto da Savage, la pratica era conosciuta come B(end)O(over)B(oyfriend), dal titolo di un video educativo del 1998 prodotto dalla SIR Video Production, in cui veniva mostrato come praticare la sublime arte perforatoria.
Il resto, tutto il resto, come diceva l’indimenticabile canzone di Califano, è anal.
E ricordatevi sempre, nell’adoprarvi praticamente, di non far diventare la Pecorina quello che il Missionario rappresenta per il rapporto vaginale, il sesso come tutti i piaceri della vita è sperimentazione, non il sermone del giorno dell’Avvento.

E così finisce anche la seconda e ultima (?) parte su come l’ANALisi possa cambiare la vita di una persona, che offre un paio di ganci in conclusione: il primo è che di fronte al piacere crollano tutti i “no grazie”; il secondo è che siccome la sorte ha sempre una sua personalissima ironia, la zia di Dan Savage si chiama Peggy.
Ecco, pare che questa storia che il contest sia stato vinto da to peg – da cui pegging – per indicare la pratica in questione, non l’abbia lusingata particolarmente, ma, come spesso si dice “i panni sporchi si lavano in famiglia” e forse mai il detto è stato adatto come in questo caso.
Abbiate prudore!

autore della rubrica “Che ne sai tu di porno?”
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