Ma esiste il sessismo nei libri per bambini? Letteratura per l’infanzia e neo-paranoie, pt. 1

Gli stereotipi sessuali nei libri per bambini, legati al ruolo di uomini e donne nella società, sono una delle ultime paranoie delle mamme moderne, al punto da diventare una sorta di movimento, piuttosto confuso.

Una cosa che noto nelle mamme attuali italiane è spesso un diffuso senso di colpa per il benessere in cui sono cresciute che si traduce con una serie di curiosi divieti: niente TV, niente videogiochi, niente feste come Natale, e talvolta compleanno, perché giudicate troppo consumistiche. L’interdizione si spinge poi al consumo di dolciumi, e da qui in poi assume contorni di paranoia alimentare anche molto sfaccettata.
A queste generiche ossessioni sempre più diffuse si associa talvolta quella più specifica per gli stereotipi sessuali che si traduce con una campagna, personale o di gruppo, contro i libri giudicati “sessisti”: quei libri colpevoli cioè di condizionare la visione dei bambini del proprio ruolo in società in base al fatto di essere maschio o femmina.
Vi va se ne parliamo un po’?

Due parole sugli stereotipi

Tutti aderiamo a uno stereotipo, tutti seguiamo un modello. Anche se pensiamo di no.
A scuola vestivo già di nero e mi sembrava di essere diverso dagli altri. Effettivamente ero diverso dalla maggior parte dei miei compagni. Ma non ero unico: in classe eravamo già in due a vestire di nero, l’altra era una ragazza. Nella scuola non saprei, c’erano centinaia di ragazzi e ragazze e più o meno uno in ogni classe vestiva come noi.
Ovviamente seguivamo il modello dark dei Cure di Robert Smith.

Tutti sono uno stereotipo, senza eccezione: il direttore di banca, l’agente immobiliare, la maestra elementare, tutti seguono più o meno consapevolmente, un modello, un tipo di abbigliamento e di comportamento.
Tutti coloro che combattono gli stereotipi appartengono a loro volta a uno stereotipo.
Alle volte, per esempio, sento parlare di gay stereotipati nei ruoli del cinema. Il gay dei film è spesso arredatore, magro, stizzoso, con un foulard intorno al collo.
I gay non sono mica tutti così, sento dire.
E’ vero. Ma quel gay esiste, è uno stereotipo, diciamo uno dei tanti modelli stereotipati di gay. C’è poi il gay festaiolo, quello particolarmente effeminato e tanti altri. C’è anche il gay silenzioso, che rifugge dal modello “checca”: porta il maglione scuro, gli occhiali, non ti accorgi che è gay finché non ti presenta il suo compagno a una cena.
Ma anche quello è uno stereotipo, perché così ce ne sono altri, e ognuno di quelli che si presenta così ha deciso, a un certo punto della sua vita, di essere, di interpretare quel modello.

Di fatto gli esseri umani, di qualsiasi sesso, età e professione, crescono modellando il proprio comportamento, il proprio abbigliamento e le proprie scelte su ciò che vedono e che gli piace. La famiglia è la prima fonte di modelli da seguire (o rifiutare), poi ci sono la scuola, gli amici, il mondo. Ciascuno pratica le sue scelte in base al proprio coraggio di affrontare, con indipendenza, gli eventuali commenti o critiche degli altri.
Detto questo: che diavolo è un libro sessista?

Sessi alla pari

Su web ho trovato, sul tema del sessismo nei libri per bambini, alcune ricerche effettuate in ambito universitario piuttosto interessanti. Secondo le ricerche il sessismo in questione si manifesterebbe innanzi tutto con una maggiore presenza di personaggi maschili contabilizzata rispetto a quelli femminili.
Mi chiedo: i libri per non essere sessisti dovrebbero rispettare una specie di par condicio?
Non è una norma sufficientemente cretina già in politica?1 Peraltro, proprio chi combatte lo stereotipo sessista non dovrebbe considerare il sesso dei protagonisti un elemento secondario per giudicare un libro? Le bambine non possono leggere libri con maschi per protagonisti e viceversa?
Ma andiamo avanti.

Un altro elemento che distinguerebbe i libri sessisti sono i mestieri dei protagonisti: dove i maschi sono cavalieri, esploratori e un sacco di altre cose avventurose, le femmine avrebbero meno scelta. Gli studi hanno ordinatamente classificato e comparato poi gli aggettivi usati per indicare i personaggi maschili e femminili, a dimostrare la tendenza a sminuire l’intelligenza femminile e ad affermare invece il carattere brillante del maschio.
Anche il resto viene poi classificato: l’ambiente in cui si muovono i personaggi e il tipo di relazione tra di essi, e da tutto emergerebbe uno squilibrio, atto a dipingere le donne come principesse deficienti in attesa di essere salvate dal cavaliere di passaggio o come donne di casa il cui unico ruolo è sfornare pasti caldi al maschio di ritorno dai suoi viaggi.

Un elemento comune a tutte le ricerche che ho trovato disponibili online è questo: sono state condotte su una scelta ridottissima di case editrici (una quindicina), esclusivamente scolastiche. Ciò mi induce a rivelarvi il segreto: non si tratta di libri sessisti.
Si tratta più semplicemente di libri brutti.

Perché i libri scolastici sono brutti?

Non chiedetemi il perché ma i libri scolastici sono sempre stati, e sono, orrendi. Lo sono i sussidiari e lo sono i libri di narrativa indirizzati alla scuola, comunemente denominati para-scolastica.
Per quanto il gusto evolva, per quanto l’editoria per l’infanzia negli ultimi decenni ci abbia offerto brillanti novità, i libri scolastici e para-scolastici, rimangono orrendi.

Consolatevi: anche in Francia i libri di narrativa scolastica sono più brutti della media.
A paragone di quelli italiani sono bellissimi, ma tutto è in proporzione e quindi rispetto al mercato generale francese sono decisamente mediocri. Deve essere una specie di legge non scritta, che impone che i libri di scuola siano il meno stimolanti possibile.

Che i libri scolastici siano brutti è dato di fatto ma non so spiegarvene il motivo. Ho amici che lavorano nell’editoria scolastica e dopo anni di collaborazioni non sono ancora riusciti a capire quale sia l’ufficio, o la persona, che si occupa di instupidire le storie e banalizzare le illustrazioni di libri che potrebbero essere carini, fino a farli diventare prodotti ripugnanti.
Le redazioni rimandano sempre a qualcuno che prenderebbe le decisioni più in alto, gli art-director accusano le maestre, che giudicano delle ritardate dal gusto antiquato, che però bisogna accontentare. Negli anni ho avuto occasione di confrontarmi direttamente con tutte le realtà in causa e quindi anche con la scuola e le maestre, alle quali ho sentito dire: ci mandano da scegliere libri sempre più brutti!
Quindi gli editori scolastici producono libri che non piacciono a nessuno: non piacciono a chi li fa, non piacciono a chi li sceglie, che però li sceglie perché non c’è altro.

Che cos’è un libro brutto?

E’ un libro sciatto, disegnato in modo banale e rassicurante, un libro scontato e senza inventiva. E’ un libro vecchio, che sembra uscito trent’anni fa, ma probabilmente sarebbe sembrato vecchio anche allora. E’ un libro senza tempo, perché sarebbe impossibile collocarlo in un’epoca adeguata. La cosa più adeguata sarebbe farne delle pire e arderli in pubblico.

Il libro brutto ha una storia cretina che somiglia a cento altre storie, ma è scritta peggio.
E’ scritta male in tutti i sensi: l’intreccio, i personaggi, la scelta della lingua, tutto stona e fa a pugni con tutto. Le illustrazioni del libro brutto sono stucchevoli e sempliciotte, hanno colori perbenino e personaggi puffettosi, che non brutti in quanto puffettosi, sono brutti in quanto copia sbiadita di altri personaggi puffettosi, però fatti meglio.

I libri brutti lo sono perché sono scritti da autori e autrici giovani che però replicano storie che erano vecchie già quando i loro nonni erano bambini, ed è per questo che raccontano modelli di famiglia antiquati, ed è per questo che sono altrettanto antiquati anche i ruoli all’interno di essa (il papà che legge il giornale mentre la mamma lava i piatti).
Ma ancora una volta: non si tratta di libri sessisti. Sono solo libri brutti.

Mi permetto di dire che forse, prima di giudicare il contenuto presuntamente sessista dei libri per bambini, bisognerebbe estendere la ricerca e l’analisi. In Italia ci sono centinaia di editori: una ricerca su 15 editori non è un po’ poco?
Credo che la questione non sia combattere gli stereotipi sessuali, ma combattere i libri brutti e per farlo esiste un solo modo: comprare libri belli.
E come si fa? Semplice: bisogna conoscerli, cercarli, informarsi e non solo rompere le palle.

(segue nella seconda puntata)

editorialista
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