15 buone ragioni per leggere un libro

Dobbiamo davvero ancora spiegare che cos’è un libro?
Il mio tour australiano mi ha lasciato, oltre alla voglia di tornare al più presto laggiù e trascorrere qualche mese a Melbourne, anche quella di ricambiare l’accoglienza degli australiani, che sono stati davvero calorosi e gentilissimi, e di ricambiare in particolare Andrew, Anna e Justine di Wilkins Farago.
L’Australia mi è sembrato un paese di lettori, ma anche in paesi dove è diffusa la cultura della lettura c’è ancora molto da fare per la promozione del libro.
Da qui l’idea di una campagna un po’ particolare.

La domanda, che può sembrare – ed effettivamente è – scontata “Perché leggere?” ritorna spesso, in occasione di fiere e saloni del libro. Un po’ ovunque infatti leggere è ancora qualcosa di molto legato alla scuola, all’idea di apprendimento.
Il piacere di leggere e soprattutto la libertà di farlo, di prendere un libro e lasciarlo a metà, di riprenderlo dopo mesi o anni, oppure di non finirlo nemmeno, la libertà di leggere più cose contemporaneamente (e non necessariamente dello stesso genere), sono ancora oggi concetti nuovi, sui quali bisogna lavorare, perché passino innanzi tutto a scuola.

Una ventina di anni fa Daniel Pennac dichiarò quelli che secondo lui erano i diritti del lettore, che poi Quentin Blake illustrò.
Nel suo decalogo Pennac mise in cima a tutti il diritto di NON leggere. Poi seguiva quello di saltare le pagine, di ri-leggere, di leggere ad alta voce, di non finire un libro.
All’epoca i diritti di Pennac sembrarono una vera e propria rivoluzione. Ma è cambiato qualcosa da allora?
E’ difficile dirlo, anche se la tentazione sarebbe quella di rispondere di no.
La scuola, che dovrebbe essere il primo motore di spinta verso la lettura, spesso né è il freno.
La lettura viene ancora intesa come un’attività funzionale all’apprendimento diretto, vale a dire: si legge per imparare qualcosa.

Si legge innanzi tutto per imparare a leggere. L’esercizio di questo apprendimento dovrebbe contemplare il divertimento, il piacere di leggere, ma di questo quasi nessuno si preoccupa.
La priorità è l’apprendimento. Se ci pensate viviamo ancora di bisogni molto primari: bisogna mangiare per diventare grandi e leggere per diventare istruiti.
Una volta che si è imparato a leggere infatti, ecco che la lettura serve ad imparare tutto il resto, quindi vengono le materie: storia, geografia, matematica.

Ciò che non è incluso nelle materie di scuola si può leggere? Si ha il diritto di leggerlo?
Sembra facile rispondere di sì, ma poi la realtà dei fatti è che la lettura ancora oggi a scuola è un’attività il cui unico scopo è servirti a studiare oppure è fine a sé stessa, all’apprendimento del leggere in sé, per cui le letture saranno progressivamente più complesse, per saper leggere sempre di più.
Non so quante volte in libreria ho sentito genitori dire ai figli: “Non prendere quel libro, c’è poco scritto e domani non hai già più niente da leggere”.
Possibile che ancora in così pochi abbiano capito che se un libro gli piace, anche se breve, un bambino è capace di rileggerlo anche cinquanta volte?
Sembra di sì.

Ai miei corsi per spiegare che cos’è un libro dico sempre che i libri sono scatole: dentro una scatola potete mettere quello che volete, e così in un libro. I libri si possono riempire di parole, immagini, foto, si può metter l’uno e l’altro, oppure solo una cosa.
E’ un concetto base, ma tuttora rivoluzionario. Ancora in molti considerano la lettura sensata, e soprattutto autorizzata, solo se si leggono libri importanti.

Penso sia una snobberia un po’ idiota, come se mangiare fosse solo cibarsi di nouvelle cuisine. Io penso che così come nel mangiare si varia (anche e soprattutto in funzione del tempo) e quindi durante la settimana si mangia un panino o l’insalata al bar sotto l’ufficio, mentre il sabato sera si va al cinese e la domenica si prepara la pizza a casa, così dovrebbe essere con la lettura: un nutrimento che cambia a seconda dei bisogni e delle circostanze.

Quindi perché no, il classico russo prima di addormentarsi, il libro di arredamento in bagno, il manga in treno. Tutto è lettura in qualche modo. Io sono contento di aver letto i classici russi, ma anche di aver letto Freak Antoni e Lele Luttazzi che considero due geni.
Valeva la pena leggerli, perché hanno detto cose che non aveva detto Dostoïevski.
Lo ripeto: i libri sono scatole. Ci si può mettere di tutto. O anche niente.

A questo proposito alle allieve (sono sempre perlopiù ragazze) dei miei corsi cito sempre un librino molto carino, uscito anni fa, che si intitolava Tutto quello che gli uomini sanno delle donne. Il libro era tutto nel titolo, perché dentro era vuoto.
Solo pagine bianche.
Eppure diceva lo stesso qualcosa (sul qualcosa si può poi essere più o meno d’accordo, ma lo diceva!)

Il condizionamento scolastico purtroppo continua ad affliggere gli adulti anche dopo la scuola, per cui rimane un’idea diffusa quella che i libri siano per chi ha studiato, che i libri in qualche modo appartengano a un determinato tipo di persone.
Il libro è in realtà l’oggetto più democratico del mondo, forse una delle poche cose che è veramente per tutti. Si può parlare di costi, ma il costo non è necessariamente legato alla lettura. Se si desidera avere il libro si deve parlare piuttosto di possesso dell’oggetto, ma la lettura in sé è possibile comunque, anche senza acquisto. Un libro si può prestare e prendere a prestito in biblioteca. Anche in questo è un oggetto molto democratico e molto amichevole.

Se ci pensate, quante cose prestate di solito?
Non prestate le scarpe, se non in un’occasione particolare, prestate la macchina se proprio ce n’è bisogno, altri oggetti li prestate ma ci tenete a riaverli al più presto.
Il libro è quell’oggetto invece che ti viene in mente di prestare, perché vuoi condividere un piacere con qualcuno a cui vuoi bene.
Tutto questo è straordinariamente scontato, eppure al tempo stesso è ancora una novità, in una società che alla fin fine considera il libro un oggetto sofisticato, per intellettuali.
Il libro invece è per tutti, per i colti e per gli ignoranti. E’ come il pane, o almeno dovrebbe esserlo. Tutto mangiano il pane, tutti dovrebbero poter leggere, senza complessi, senza porsi il problema che ciò serva a qualcosa o che ciò che si legge possa effettivamente considerarsi leggere.

Ero in macchina con Andrew a Sydney quando ho cominciato a pensare a un modo buffo per dire tutto questo: che si può leggere un libro per passare il tempo, per scegliere un divano per la sala o un tatuaggio da farsi fare (ne so qualcosa!), oppure per guardare il film tratto dal libro e pronunciare la frase classica: “era molto meglio il libro”.
Alla fine di queste riflessioni è venuta fuori una campagna di promozione alla lettura molto informale, per dire quello che tutti già sanno, ma che vale la pena ripetere ancora una volta.

La campagna si compone di una collezione di 15 cartoline web, di cui ho scritto e interpretato i testi. Devo dire che farlo è stato divertente. Anche se posare per 300 scatti in una giornata è stato leggermente faticoso!
Le foto sono di Laura Ferrari, che ha avuto la pazienza e la voglia di giocare con me a questo gioco.
La campagna è partita in Australia prima di Natale. Poi penso circolerà anche in America.
Per gli amici e i fans italiani è visibile qui, su Frizzifrizzi.
Spero vi divertiate.

Per avere paura
Per sembrare intelligenti
Per rivivere la propria infanzia
Per sapere tutto sui tuoi idoli
Per sentirsi come un arredatore
Per non perdersi
Per sentirsi rock
Per prepararsi per una nuova e brillante carriera
Per aiutarti a fare una scelta
Per sentirsi bianco e nero
Per ammazzare il tempo
Per rimanere ottimisti sulla vita
Per poter dire che il libro era molto meglio del film
Per tuffarsi nel passato
Per sentirsi come qualcun altro
editorialista
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