Inutile continuare a ripetermi. Sull’editoria indipendente ho detto scritto la mia più e più volte e sai ormai benissimo quanto auspichi la (mai troppo prematura) morte di tutte quelle testate che brancolano nel buio dell’edicola e, abbassando la qualità, credono (ma non riescono) ad attrarre più lettori (con una considerazione bassissima dei medesimi) e relativi introiti pubblicitari.
D’altra parte le nicchie hanno di che gioire. Ogni più piccola scena culturale ha la propria rivista di riferimento, compresi gli hipsters dal pollice verde che se fino ad oggi potevano affidarsi al trimestrale Wilder, oggi hanno pure un’ulteriore scelta: The Plant Journal.
In realtà le due riviste nascono più o meno nello stesso periodo ma The Plant l’ho scoperto soltanto ora, senza sorprendermi più di tanto per un’estetica del tutto simile a quella del magazine concorrente, che a sua volta richiama tutta una serie di realtà editoriali che – qualsiasi sia il settore sul quale hanno deciso di focalizzarsi – utilizzano gli stilemi della rivista d’arte snob (richiami retro, un certo minimalismo anni ’70: sull’argomento comunque tornerò presto).
Tornando a The Plant Journal (che si può acquistare online oppure in diversi punti vendita in tutto il mondo, ma non in Italia), la rivista viene realizzata a Barcellona ed ogni numero offre una monografia su una particolare pianta, alla quale vengono dedicati dei piccoli saggi oltre all’interpretazione visiva di fotografi ed illustratori.
In più interviste ad addetti ai lavori e non (tra i non, soprattutto creativi con la passione per il giardinaggio) e reportage sul campo. In tutti i sensi.