The line below | scarica la compilation in esclusiva

Ester Grossi (qui il suo sito) è una delle più promettenti giovani pittrici italiane. Ne è prova il fatto che davanti ai suoi quadri tutti rimangono quella manciata di secondi in più che è tipica di coloro ai quali è scattato qualcosa nel cervello. E quel qualcosa non è un ictus.
Ester Grossi ed il suo immaginario – che la segue ovunque, fedele come un’ombra, pure al supermercato o al negozio di bottoni – sembrano usciti da un film di Lynch. Anzi, piuttosto sembra che stiano per entrarci.
Ester divide casa sua con una crepa che si chiama Katrina e che è sensibile al tempo. Puoi farla felice (Ester) con un bicchiere di assenzio o un cappotto nuovo oppure (Katrina) con qualche parolina gentile e uno sguardo, la mattina quando ti svegli, che le fa capire che sei felice che lei sia lì con te, a dividere un appartamento dalle vibrazioni di zucchero filato in una delle zone più magiche di Bologna.

Ester Grossi, che chiamo sempre per nome e cognome quasi fossero un tutt’uno, un giorno mi ha raccontato che suo padre faceva l’archeologo e che in casa aveva delle foto anni ’70 di lui al lavoro sugli scavi e che le avrebbe usate per una serie di quadri. Mi pareva già di vederli, visto lo stile inconfondibile che ha: fotogrammi minimali rubati alla pellicola di un film; istanti congelati, allo stesso tempo familiari – come se riuscissi a capire, a ricordare la storia che si è sviluppata fuori dal quadro e prima del quadro – ma anche pieni d’attesa, l’inquietudine di chi sa che sta per succedere qualcosa, dopo e fuori dal quadro, che prende il via proprio nel momento in cui lo guardi.

Mi pareva già di vederli ma non ci ero andato poi così vicino. C’è qualcosa di nuovo in questa serie, nella sua atmosfera. Qualcosa che come in uno di quei racconti di Carver che ti lasciano lì sul più bello a rimuginare, riesce comunque a metterti addosso un’inedita serenità. La stessa serenità che hai mentre versi nel bicchiere una birra fredda dopo una giornata che ti ha spaccato le ossa.

“L’idea di sviluppare un progetto sulla scoperta, sul sottosuolo, sulla stratificazione del terreno, mi ha sempre ossessionato. Poi, un giorno, ho ritrovato alcune foto di uno scavo archeologico che mio padre fece nel 1978 presso la Necropoli Monumentale di Arciprete (in Abruzzo). Quelle immagini, oltre a riportarmi alla mente situazioni che avevo vissuto da bambina proprio durante alcuni scavi (ai quali avevo assistito da profana), mi hanno dato l’input per sviluppare una serie di tele sul rapporto tra la superficie e il sottoterra. Successivamente ne ho parlato con alcuni amici musicisti, che hanno creato a loro volta sette perle musicali, ciascuno a suo modo, ciascuno con il proprio stile”.

Mentre i quadri vanno avanti o per meglio dire vanno sotto (terra) e buche oscure e precise prendono forma, diventando come riflettori al contrario, buchi neri che attirano sguardi e pensieri e ricordi dei personaggi che popolano le opere e di te che le guardi e li guardi, Ester ha l’occasione di fare una mostra a Parigi – titolo The line below – e decide di chiedere ad un gruppo di amici musicisti – e non certo musicisti qualunque ma tra i più interessanti nel panorama italiano attuale – di comporre dei brani appositamente per la mostra.

Il risultato è questa compilation, a cura di Federico Pirozzi di La Belle Epop, che vede la partecipazione di His Clancyness, Karibean (ft. North), Welcome Back Sailors, Wolther Goes Stranger, Husband, Murder e Spakkiano.
Compilation che ti regaliamo in esclusiva, da ascoltare o scaricare.

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La mostra, che si terrà a Parigi presso la Galleria Rue de Beauce dal 21 maggio al 30 giugno, oltre ad essere accompagnata dalla soundtrack, vedrà la partecipazione del duo bolognese degli Husband, che suoneranno dal vivo durante il vernissage del 20 maggio prossimo, e della video-artista Aïlien Reyns, che presenterà un suo video sulla miniera di Marcinelle.
Un tripudio di underground, dunque, soprattutto se pensi che la galleria, tra quelle parigine una delle più attente ai giovani talenti, è in realtà una “home gallery”, dunque allestita in un appartamento privato.

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