Mumm Code | Ferramenta

Ferramenta
via delle Moline 16/a, Bologna
mappa
www.laferramenta.org

In una delle vie del centro di Bologna, in piena zona universitaria, fino a qualche anno fa c’era una vecchia ferramenta. Di quelle che stanno lì da generazioni e che quando ci passi davanti, prima da matricola poi da navigato fuori-sede, ti chiedi che ci starà mai a fare in mezzo a una miriade di bar e locali; ma dove poi ti perdi, in pomeriggi troppo lunghi e stonati, a fantasticar su quei vecchi cassetti in legno, biascicando di viti e pinze e lucchetti per la bici, tanto per far aprire al tizio dietro al bancone una di quelle mini-cassaforti del mistero, simbolo pressoché assoluto dell’organizzazione totale, quella che nella tua testa non hai mai saputo trovare.
E ritorni, anni dopo, niente laurea in tasca ma su scarpe che di strana ne hanno fatta eccome, per scoprire che la ferramenta non c’è più: al suo posto un concept-store che ti apre il cuore, ti fa strabuzzare gli occhi e chissà che capiterà al tuo portafogli, ché una volta dentro è fatta, sei perso nel mondo parallelo di Ferramenta – il nome è un omaggio all’antica bottega – tre negozi in uno per i tuoi acquisti in moda, accessori, ottica e gadget tecnologici.

Per il Grand Tour di Mumm Code busso alla serranda, aperta solo da pochi giorni da tre realtà locali e già affermate come Bottega Back Door, Ottica Giulietti e Guerra e BlackSheep, e trovo Pietro Rampa, ottico e mio personale Virgilio per una sera.

Ciao Pietro, la prima volta che ci siamo visti mi hai venduto un paio di occhiali; la seconda ci siamo visti al Pitti e ho scoperto che c’era il tuo zampino nel marchio che li produceva, quegli occhiali; la terza è stata in pratica mezz’ora dopo perché qualcuno me li aveva appena fregati e tu me li hai “sostituiti”; la quarta ad una festa ma non è che ricordi poi molto altro. Questa, dunque, è la quinta volta che ci vediamo: confermi?

Se mi confermi tu la quarta, visto che io mi ricordo ancora meno di te, allora sì.

Mi trovo effettivamente in una ferramenta? Mi confermi pure questo? Perché ai tempi dell’università passavo sempre di qua e quei cassettini di legno me li ricordo ancora. Non sai la curiosità, ogni volta, di aprirne uno. Ma studiavo cinema e non mi servivano viti.

Te lo confermo a metà. Qua c’era effettivamente una ferramenta, che ora si è trasferita dall’altra parte della strada. La nostra invece è Ferramenta.

Un negozio, tre negozi.

Sì, tre in uno, tipo offerta speciale.

Mi racconti com’è partito tutto?

E’ da un po’ che mi frullava in testa quest’idea e ne avevo parlato con il mio ex-datore di lavoro dell’Ottica Giulietti e Guerra, che ora, insieme a me e ai ragazzi di Bottega Back Door, è uno dei soci in quest’avventura. Inizialmente pensavamo che Bologna non fosse ancora pronta per un concept-store come quello che avevamo in mente quindi abbiamo lasciato perdere.
Poi però è arrivato questo posto, sono arrivati i ragazzi di Back Door, si è unito Blacksheep e a quel punto siamo partiti. La serranda si è alzata il 4 febbraio.

Il progetto, la cosiddetta “mission”, qual è?

L’intenzione è quella di dare a Bologna un negozio che fosse prima di tutto un’esperienza totale. Importare il “concetto” di concept store come ne puoi trovare in città come Parigi, Londra, Berlino, New York, ma in piccolo, tenendo conto del locale, con un progetto che non sia una cattedrale nel deserto ma che abbia un senso anche in una città come questa, che non è certo una metropoli.
Quando qualcuno entra per la prima volta qua dentro e dal suo sguardo capisco che il suo battito cardiaco aumenta leggermente allora significa che stiamo raggiungendo il nostro scopo.
E so anche che a te, quando sei entrato, è successo.

Sì, infatti. Rientra nei poteri di un ottico misurare la frequenza cardiaca dallo sguardo?

Ovviamente sì.

Devo pure darvi atto del coraggio nell’aprire un store in una zona sì di grande passaggio come quella universitaria ma finora snobbata dalle realtà commerciali più importanti della città che preferiscono le zone più votate allo shopping come via D’azeglio/via Farini, via Indipendenza, via San Felice…

Infatti la nostra è una sfida. E come vedi invece di abbassare i nostri rispettivi target li abbiamo alzati e non siamo andati sul tradizionale: avremmo potuto dividere il negozio in zona abbigliamento, zona occhiali… Invece abbiamo deciso di mettere tutto insieme, ma di farlo a modo nostro o meglio nel modo di realtà diverse che però decidono di entrare in società e di accogliere l’una il settore, la cultura, il target dell’altra facendoli propri.
Ma visto che siamo in zona universitaria abbiamo deciso di adottare orari solitamente “atipici”. Non apriamo prima delle 11,00 e chiudiamo alle 20,00.

Non un negozio contenitore, dunque, dove tu sei qui come ottico e pensi solo ai tuoi clienti e ai prodotti che vendi tu.

Assolutamente no: siamo in società, gli acquisti li facciamo insieme, c’è un’unica cassa e tutti spingono tutto. Remiamo dalla stessa parte.
Ferramenta non è un contenitore ma espressione totale delle realtà che l’hanno creata.

I cassetti ed il bancone sono stati recuperati dalla vecchia Ferramenta
A proposito di contenitore. Parliamo del negozio. Chi ha fatto il progetto? Vi siete affidati a qualche studio locale?
[Pietro mi guarda pieno d’orgoglio] Questo è il bello: nessuno studio, nessun architetto. Si è trattato di un workshop entusiasmante: le nostre idee, i nostri gusti, i nostri desideri sono stati tramutati in vere e proprie opere d’arte grazie alle incredibili abilità della Top Assistance di Modena, di quel genio che di Dino De Lucia insieme al suo altrettanto geniale collaboratore esterno Mauro Roselli – un vero e proprio artista – e al loro team. Un’equipe di uomini ma soprattutto un insieme di mestieri che a volte, purtroppo, sembrano dimenticati e superati. I nostri amici modenesi hanno elevato le proprie doti ad un livello eccelso lavorando giorno e notte, plasmando La Ferramenta come se questa appartenesse ad ognuno di loro. Ogni pezzo, qua dentro, l’abbiamo trovato o recuperato in qualche mercatino. Poi una volta iniziata la “fase arredamento” ogni cosa come per magia ha trovato il suo posto. Un arredatore avrebbe dato ad ogni cosa il suo “posto fisso” mentre qua ogni pezzo è per così dire liquido: quel semaforo che oggi vedi lassù domani magari potrà finire da qualche altra parte, come faresti tu stesso a casa tua con un quadro o una scultura.
Poi guarda qua [mi fa vedere il quadro che domina la parete proprio sopra alla rampa di scale che porta al piano inferiore], questo è un quadro di Concetto Pozzati, padre di Jaja di Back Door ed artista di fama internazionale: questo quadro è stato alla Biennale.

opera di Cosimo Pozzati
E il logo? Lo trovo un capolavoro concettuale. Sembra proprio la vecchia scritta di una ferramenta, con quelle R così vintage, ma declinata in stampo quasi metal (che comunque con la ferramenta… ci sta!).

La cosa incredibile è che il logo è esattamente lo stesso che c’era prima. E’ quello della ferramenta vera.
L’abbiamo lasciato tale e quale.
So che sembra studiatissimo ma è il classico esempio della nostra filosofia. Se una cosa funziona perché cambiarla? Meglio re-interpretarla.
Poi ci sono pure piccole chicche estemporanee tipo una scultura in ferro che ha fatto, durante la pausa pranzo, uno degli artigiani che ha lavorato qua dentro.

Il logo è lo stesso di quello della vecchia bottega
Mi fai vedere il piano inferiore? Da quassù sembra uno spazio davvero incredibile, molto antico.

Qua la storia si spinge un bel po’ indietro. Mentre stavamo ristrutturando i locali, un giorno in cui i lavori andavano a rilento, siamo andati in biblioteca per saperne di più sul negozio. Sapevamo che qua, fino ai primi dell’800 c’era un convento ed il piano inferiore del negozio era adibito a ghiacciaia ma abbiamo scoperto che prima ancora di essere utilizzata come tale ci venivano addirittura appesi quelli che annegavano nel canale poco distante da qui, per il riconoscimento dei cadaveri. Parliamo del ‘300 o giù di lì e si chiamava S. Maria degli Annegati dalli Molini del Campo del Mercato, poi ribattezzata “delle Sette Allegrezze”.

Il piano inferiore un tempo era la ghiacciaia di un convento, prima ancora una sala dove venivano appesi i cadaveri degli annegati
Quindi a notte fonda immagino sia meglio non passare da queste parti…

Vedi tu. Comunque la festa d’inaugurazione del negozio, che faremo il 2 marzo prossimo, finirà a mezzanotte. Poi ci sposteremo tutti all’Arteria.

La 'wunderkammer' opera di Cosimo Pozzati, realizzata appositamente per la nicchia in cui è ospitata, utilizzando un vecchio cassetto ed una serie di objet trouvé
Scendiamo di sotto. In una vetrinetta campeggia una wuderkammer in miniatura, opera anche quella di Concetto Pozzati.

Sì, quando il signor Pozzati ha visto il negozio – che non aveva ancora un forma definita e non era ancora arredato come lo è adesso – ha preso uno delle decine di cassetti dell’antico mobile che dominava la vecchia ferramenta, ci ha messo dentro una serie di simbolici objet trouvé ed ha realizzato questa, quasi anticipando quello che poi sarebbe stato il negozio vero e proprio, una wunderkammer esso stesso.
Quando poi ha visto lo spazio rimesso a nuovo ed arredato è rimasto sbalordito dal risultato, talmente pieno di cose belle che – parola di Concetto – gli occhi non sanno dove andare e non hanno un momento di riposo oculare.

Una finestrella che dal piano di sotto "spia" il corner BlackSheep al piano di sopra
E la poltrona da ottico? Mai vista di questi colori! Non la fotografo per non “rovinartela”. Immagino sia il tuo tempio.

Infatti quelli dell’azienda sono stati i primi a rimanere sbigottiti quando ho fatto l’ordine. “Sei sicuro che la vuoi rossa fiammante?” mi chiesero “dove la devi mettere?”.

Magari l’avranno fatta solo per questioni di catalogo ma non pensavano di venderla realmente.

Infatti di solito comprano tutti la poltrona bianca. E loro stessi mi hanno detto che ero la seconda persona a richiederne una così. Rosso fiammante e verdone centrale. Poi ho dovuto aspettare un mese in più ma ora eccola qua.

Un particolare della vetrina
Ma da quando avete aperto è mai entrato nessuno cercando la vecchia ferramenta?

I più incredibili sono quelli che entrano, si guardano anche intorno poi arrivano al bancone, il pezzo in mano – tipo vite, dado, tubo – e chiedono qualcosa.
Ne arrivano qualcosa come sei o sette al giorno.
Se nei giorni in cui è nevicato avessimo preso un po’ di pale avremmo fatto i soldi.

A palate.

E certo.

La zona BlackSheep, con i gadget tecnologici
Progetti futuri? Avete intenzione di utilizzare uno spazio letteralmente allucinante come questo anche per mostre, eventi?

Assolutamente sì: aperitivi, dj-set, mostre, presentazione di collezioni.
E ti ricordo che il 2 marzo c’è l’inaugurazione. Dalle 20,00 a mezzanotte la festa è qui. Dopo mezzanotte ci trasferiamo tutti all’Arteria.

Ancora underground [l’Arteria è letteralmente sotto terra]…

Sempre.

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