Anja Denz: grace is found

Ho conosciuto Anja Denz, illustratrice tedesca residente in Svizzera, la scorsa estate.
Ho ancora molto vivida la sua immagine e la sua gentilezza nel mostrarmi il suo portfolio, un bellissimo raccoglitore in pelle con la serigrafia del suo nome, che racchiudeva il risultato di anni dedicati all’illustrazione e alla moda. Sentirla parlare del suo lavoro, dei suoi progetti, di come li persegue, è stato per me illuminante e per questo ho deciso di condividere questa esperienza anche con i lettori di Frizzifrizzi.

Ecco una prima domanda per te: so che di recente c’è stata una tua mostra a Zurigo. Cosa mi racconti dell’evento? Qual’è il significato del suo nome “Schwarz und Weisheiten”?

A.D.: Sono stata invitata in un posto vicino casa mia, un’area in via di sviluppo chiamata Kreis 3, dove c’è una piattaforma dedicata agli artisti. E`un caffè-bar-club-cinema-spazio creativo. Il nome della mostra nasce dalla combinazione di disegni in bianco e nero (schwarz e weiss in tedesco) da dove ha preso tutto inizio, e di proverbi e massime di saggezza (Weisheiten vuol dire saggio in tedesco). Durante il processo le illustrazioni hanno poi assunto sempre più colore per cui nello show sono presenti una parte di illustrazioni in bianco e nero che a colori. L’evento ha riscontrato un discreto consenso, alla gente è piaciuto e ho già venduto un terzo dei miei lavori. Almeno una volta l’anno cerco di dare un mio contributo ad iniziative del genere perchè è un buon modo per sviluppare nuovi progetti, ti permette di sperimentare nuove tecniche e tematiche, cosa piuttosto ardua quando lavori su commissione.

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La prima volta che ci siamo conosciuti è stato in una bella giornata di sole di fine estate qui a Berlino, ma tu vivi in realtà a Zurigo. Cosa mi dici delle tue esperienze lavorative in entrambe le città?

A.D.: Berlino possiede un appeal artistico molto stimolante, in un certo senso anche scontato e facile da percepire. La città è ricca di artisti, gente creativa, eventi. La metropoli in sè è anche piuttosto complessa, il che rende il tutto molto ispirante. Zurigo è molto più calma, ha una scena creativa magnifica, sebbene ridotta. Ho scoperto che vivere in luoghi più piccoli aiuta molto alla concentrazione. Alcune volte ho avuto l’impressione che Berlino mi distraesse troppo.
Un grande problema a Zurigo è che non c’è spazio o, meglio, non c’è spazio che tu ti possa permettere. Per cui devi abituarti a lavorare in stanze piccole da condividere con molte persone ed è un vero peccato perchè non ti permette di organizzare il tuo lavoro, il materiale, i tavoli. Invidio molto i miei amici a Berlino con le loro case grandi e i loro ateliers.
Se devo fare un paragone fra Germania e Svizzera posso dire che la Germania ha un mercato molto più vasto per gli illustratori. Ci sono più riviste, giornali, agenzie. E molti più illustratori! La gente spesso pensa che in Svizzera si guadagni di più. Per quanto mi riguarda posso dire che, sfortunatamente, non è affatto vero.

Cosa mi racconti della tua esperienza di studi presso la UDK di Berlino?

A.D.: La UDK è stato un buon posto per sperimentare svariate direzioni. Ho cominciato con la fotografia e regia, serigrafia, fabbricazione di oggetti in metallo, successivamente mi sono data alla tipografia e al disegno grafico. Non ho provato l’illustrazione perchè le diverse aree creative erano suddivise in classi separate fra loro, ognuna delle quali era diretta da un professore con uno stile più o meno rigido (ma credo che la situazione ora sia cambiata molto). Lo stile delle classi per l’illustrazione non mi piaceva molto, per questo mi sono specializzata in disegno grafico. Con il disegno grafico ho l’impressione di poter miscelare tutte le mie conoscenze. Sono contenta della mia scelta perchè mi ha permesso di sviluppare uno stile personale.

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Penso che una peculiarità del tuo stile sia il mix di un tratto semplice, pulito (forse perchè hai studiato Visual Communication) combinato ad un’esplosione di elementi esotici. So che hai vissuto per un po’ di tempo a Rio de Janeiro, pensi che il tuo stile sia cambiato da allora?

A.D.: Ho vissuto a Rio de Janeiro nel 2009 per sei mesi come “Artist in Residence” (un programma che permette ad artisti di sviluppare progetti in paesi diversi da quello di origine e di essere quindi ospitati, NdR). In quel periodo ho disegnato la serie Capocabana. Per questo lavoro mi sono lasciata ispirare dalla bellezza naturale del paese, dai colori e dalla società del Brasile. C’è talmente di quel colore nella vita di ogni giorno lì! Piante, alberi, uccelli: è tuttoin giro per Rio! La gente per strada ha vestiti variopinti, ogni rivista è decorata all’inverosimile. Quando riguardo i disegni che risalgono a quel periodo mi rendo conto di non aver lasciato spazio bianco nei miei disegni. Successivamente ho cominciato a focalizzare la mia attenzione sulle piaghe sociali a Rio. Ho assunto uno stile più dark a seguito della situazione sociale e politica. Rio de Janeiro mi è proprio entrata sotto la pelle. La serie Capocabana include in ogni sua parte allusioni all’enorme gap fra ricchi e poveri. A prima vista le immagini sembrano leggere e piacevoli, ma in realtà presentano aspetti molto più complessi. Ora comunque utilizzo colori più specifici, non mischio più tutto.

Potresti descrivermi il processo di creazione dei tuoi elaborati? Che tipo di strumenti prediligi?

A.D.: Disegno con la matita ed alcune volte con l’inchiostro. Faccio molti disegni fino a quando reputo di aver raggiunto ciò che avevo in mente. Voglio che le mie modelle abbiano personalità. Non voglio disegnare una gruccia e metterci sopra un vestito. Procedo poi con la colorazione ad acquerello, pastelli, tempere in diversi tipi di carta. Successivamente scansiono il tutto e procedo con Photoshop.

Hai mai detto di no ad un’offerta lavorativa?

A.D.: Fino ad ora no. Ma mi rifiuterei sicuramente di lavorare per progetti che violino la dignità umana o che promuovano atteggiamenti di razzismo.

Mi piace molto il tuo progetto “maps”. Se potessi fare delle mappe di alcune città italiane quale città selezioneresti?

A.D.: Mi diverto molto a disegnare mappe! Adoro le linee delle strade dove poi disegno i monumenti e aggiungo dettagli carini che il lettore si diverte a scoprire, come il mercato, il cibo, i trasporti pubblici, gli animali. Mi piacerebbe disegnare Bologna, ho davvero apprezzato la sua cultura culinaria, gli edifici con i vialetti e i ciottolati. Anche Napoli, ricordo di aver mangiato lì il miglior cibo di tutta la mia vita durante il mio breve soggiorno di 5 giorni! Sarebbe bello disegnare anche le cittá vicino alla costa così da poter aggiungere il mare, i gabbiani, le barche. Palermo, Rimini e Venezia da questo punto di vista sarebbero grandiose!

Lavori principalmente come illustratrice di moda: che mi dici dei tuoi stilisti preferiti?

A.D.: Potrei contemplare per ore le passate sfilate di Alexander McQueen (RIP) e di Vivienne Westwood. Ma non sarei così coraggiosa da indossare i loro abiti: il loro immaginario visionario è per me un toccasana.

Un po’ di tempo fa ho visto sul tuo blog la foto del tuo studio e ho pensato che fosse un bel posto. Sei una persona metodica o confusionaria?

A.D.: Ho bisogno di un tavolo vuoto per cominciare. Questo significa che devo mettere in ordine ogni sera e ci vuole un po’… Ho un tavolo bianco dove disegno, un altro tavolo dove tengo il mio computer e i relativi strumenti. Mi piace trovare tutto il materiale al giusto posto. Forse per via delle mie origini tedesche. Sono molto organizzata e necessito di una struttura. Ho scatole e carpette dove tengo il materiale. E poi ho i famosi sistemi di scaffalatura svizzeri Errex, dove dispongo tutto. Mi aiuta molto cominciare a lavorare di giorno in un posto ordinato e pulito e poter fare confusione fino alla fine del giorno per poi mettere in ordine la sera e ripulire tutto. Per cui ogni giorno è un nuovo inizio con un tavolo bianco ed un foglio bianco, tè nero e matita.

Potresti raccontarmi qualche aneddoto della tua infanzia che reputi connesso al tuo lavoro?

A.D.: Mio padre era un artigiano stuccatore e spesso mi chiedeva di assisterlo quando miscelava i circa 100 litri di colore per i palazzi che avrebbe poi dovuto stuccare. Poche goccie di un colore sbagliato potevano mandare in fumo un barile intero e dovevi agire d’istinto prevedendo se l’aggiunta di giallo, rosso o marrone avrebbe cambiato il colore verso la direzione giusta. Credo di avere poi una naturale predisposizione per l’utilizzo dei pennelli perchè io e mio fratello abbiamo trascorso metà della nostra infanzia nel nel laboratorio di mio padre dipingendo su pezzi di legno avanzati o qualsiasi altra cosa.

Credi che essere illustratore in Svizzera comporti più vantaggi rispetto ad altri paesi? Come te la cavi con la burocrazia? So, ad esempio, che in Germania ci sono dei vantaggi come la “Künstlersozialversicherung” (l’assicurazione specifica per chi è artista, NdR) anche se è piuttosto complesso ottenere le giuste informazioni. Come organizzi l’aspetto più noioso del tuo lavoro?

A.D.:Qui in Svizzera è veramente difficile essere accettata come libera professionista. Devi mostrare in anticipo i tuoi introiti e i tuoi futuri clienti. Il rischio di essere libero professionista non è visto come un ideale. Non ci sono vantaggi. Paghi lo stesso per ogni cosa come un qualsiasi altro impiegato. Per certi aspetti le tasse in Svizzera sono di gran lunga più basse che in Germania, ma di contro gli affitti e lo stile di vita sono molto cari qui, per cui credo che i due paesi alla fine si equivalgano. Sono una frana con la contabilità, per questo dò tutto al mio commercialista.

Dopo tutti questi anni di duro lavoro, di cosa credi di aver bisogno ora per stabilizzare la tua posizione? Credi nell’importanza delle agenzie?

A.D.: Dal momento che la Svizzera è un mercato piccolo, avverto la necessità di ampliare i miei orizzonti. Ho già alcuni clienti tedeschi e brasiliani. Mi piacerebbe lavorare di più su scala internazionale per diverse riviste, in ambiti differenti, per culture diverse dalla mia e perciò credo che un agente sarebbe una grande cosa.

Puoi farmi una lista delle riviste per le quali ti piacerebbe lavorare?

A.D.: Oh, ce ne sono molte. New York Times, Kinki, Die Zeit, NEON, Das Magazin, Vogue, Print… in generale riviste dove puoi realmente apprezzare lo stile di un artista.

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Che mi dici dei libri, film, musica o viaggi che di recente ti hanno ispirata?

A.D.: Guardo sempre molti video delle nuove collezioni, alcune volte li pubblico sul mio blog, come la collezione primavera estate di Charlotte Taylor. Poi mi lascio ispirare da film o telefilm dove il design di interni ed il ruolo della donna è molto enfatizzato, vedi “Mad Man ” (da noi anche in Italia sul digitale terrestre NdR) o ” A single man” (buffo che io mi riferisca alle donne e nei titoli figuri “man”). Le riviste degli anni ’50 sono fantastiche, mi piace lo stile delle donne di quell’epoca.Viaggiare è un buon modo per tenermi lontana dalla scrivania, aprirmi a nuove cose e riposarmi. Ho bisogno della musica per raggiungere quello stato di trance che mi consente di poter disegnare per ore e dimenticare il mondo che mi circonda. I Calexico, Feist o Goldfrapp sono sempre con me.

Hai una domanda per me?

A.D.: So che sei un fotografo e curatore di un progetto artistico per una galleria a Berlino. Come ti rapporti con gli altri fotografi, illustratori e altro genere di artisti? Si creano connessioni stimolanti?

Ludag: Mi ha sempre incuriosito l’approccio di altri artisti rispetto alla propria arte e come sviluppano il loro stile. Credo sia l’aspetto più interessante, più puro, che ci rende vicini ed in qualche modo uguali. Mi piace parlare con artisti di ogni tipo, conoscerli, sentire le loro storie. Quando incontro un artista che mi parla di ciò che fa è come se improvvisamente la sua biografia diventasse la più bella opera d’arte.

Interview © Bruno Colajanni
Images © Anja Denz

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