INTERVISTA PETTINATA
Sei occhi in un camerino: i miei, quelli di Francesca e quelli azzurri e un po’ inquietanti di John Grant, che incontriamo nel suo ultimo tour (che si concluderà in Polonia, dopo una tappa ad Istanbul) prima di chiudersi in studio a registrare il nuovo album. Ci confessa che è un po’ stanco e penso ai chilometri che si è lasciato alle spalle in un anno e mezzo in giro per gli States e per l’Europa. E penso anche che in casi come questi una casa non ti serve perché, come precisa il tour manager Nick, “è inutile pagare un affitto se non ci sei mai”. Ma l’impressione è che John ci stia davvero aprendo le porte di questa casa-camerino e ci stia dedicando tutto il tempo che vogliamo, una compagnia brillante e la luce pura e contagiosa dei suoi occhi.
Oltre a un italiano perfetto quando definisce “capriccioso” (zero errori di pronuncia, per la cronaca) lo spunto del titolo Queen of Denmark.
In aprile Queen of Denmark compirà due anni. Qual è il tuo bilancio di questo tempo trascorso?
Ah, la mia vita è cambiata. E’… incredibile, una specie di ciclone. Stancante, ma meraviglioso.
Puoi darci qualche anticipazione sul prossimo album?
Ci sono molte idee in ballo, lavorerò con persone diverse e con ospiti come Sinéad O’Connor e Paloma Faith.
Voglio prendermi il tempo per fare esattamente l’album che intendo. Per Sinead, ad esempio, non sarà una semplice collaborazione, ma voglio trovare proprio ciò che è adatto a lei.
Poi ci sarà una sperimentazione con Biggi Veira degli islandesi GusGus, che ho conosciuto in Islanda all’Airways Festival, una bella persona. Ci sarà ancora Fiona Brice, cha ha curato gli arrangiamenti di Queen of Denmark. Sarà un album un più duro dell’ultimo, pieno di estremi e più dinamico, con spazio all’elettronica e alle chitarre.
Quando scrivi canzoni sei più concentrato sulla tua dimensione privata o consideri anche il valore pubblico di ciò che stai facendo?
Quando scrivo penso solo a ciò che provo. Molti vogliono avere il controllo del modo in cui vengono percepiti, ma per me è importante essere il più onesto possibile. Ci sono lati della mia personalità ancora sconosciuti: posso essere cattivo, lo sono diventato perché sono una persona ferita, e nel prossimo album questo verrà fuori. In fondo proviamo tutti le stesse cose. Certo, là fuori c’è un sacco di gente che non pensa affatto e va bene lo stesso, siamo tutti bambini. Diciamo che di base non mi piacciono gli ignoranti e gli intolleranti.
Hai mai pensato di unire la musica e le lingue?
Sì, in futuro potrebbe accadere. Ho in mente un album, dopo il prossimo, con brani in diverse lingue. Penso non sia facile scrivere bene in una lingua diversa dalla tua, però vedo che in tanti lo fanno benissimo, come fanno i finlandesi e molti altri.
Che cosa pensi faresti oggi se non fossi musicista o interprete [John ha lavorato per alcuni anni come interprete e parla cinque lingue, n.d.r.] ?
Ingegnere progettista di montagne russe.
Daniela Garutti