Pitti | ILS

La voce dell’oceano, il riflesso del sole sull’acqua, i capelli bagnati, il sale sulla pelle, la West Coast degli anni ’70 e ’80, raccontata in decine di film – dalle grandi maree che scandivano il passare degli anni in Un mercoledì da leoni agli ormoni che impazzivano a ritmo di r’n’r, tra piscine ed evoluzioni sullo skate, nella Venice Beach magicamente raccontata da Lords of Dogtown e prima ancora dagli scatti di Craig Stecyk – il sogno di una libertà che non doveva passare per forza per lunghi viaggi fino all’altro capo del mondo: bastava una tavola, con o senza le ruote sotto, per farti trasportare dalle onde o dall’asfalto in mille brevi fughe interiori che finivano sempre e comunque su una spiaggia spazzata dal vento.

Se c’è una collezione che può incarnare tutto questo, senza facili nostalgie e, anzi, uno sguardo che piuttosto che voltarsi indietro preferisce guardare avanti, indicando una strada piuttosto che percorrerne di vecchie (in musica, il paragone sarebbe Person Pitch di Panda Bear), è quella di ILS, sigla dietro alla quale si nascondono Caterina Coccioli ed Alessandro Manzi – ovvero i 2/3 de Il Sistema degli Oggetti – che appena qualche giorno fa hanno presentato al Pitti la loro capsule collection per la primavera/estate 2012, selezionata anche per il concorso Who’s on Next.

Dodici outfit realizzati in denim e materiali tecnici, “spumosi” come l’acqua che invade la spiaggia, leggeri come l’aria che profuma di temporale in arrivo, colori freddi e lampi metallici, taschini dai riflessi acidi come quelli di un paio di occhiali a specchio, parentesi calde negli inserti in camoscio per una collezione per la quale i termini “workwear” e “sportswear” perdono di significato e diventano semplici etichette che aiutano a semplificare qualcosa che ancora non riesci ad inquadrare del tutto (soprattutto non è riuscito ad inquadrarlo la giuria di Who’s on Next, visto che ILS – che a mio parere avrebbe meritato di vincere il concorso – non ha portato a casa un bel niente), tipo Pet Sounds dei Beach Boys, che c’è ancora chi è indeciso se chiamarlo surf o psichedelia e non ha capito che bisogna chiamarlo Pet Sounds e questo basta.

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