Puoi sbattermi in faccia tutte le prove “inconfutabili” che ti pare su quanto sia sexy il tacco a spillo, su quanto ti faccia sentire più femminile, su come valorizzi il tuo fisico, puoi addirittura confessarmi di avere orgasmi migliori quando li indossi (le solite ricerche universitarie che fanno la felicità dei magazines femminili con poche idee). Ciò non toglie che un tacco 10 o 12 – con tanto di ghigno soddisfatto di colei che gode nel sentire la sua stessa voce pronunciare “tacco 10 / tacco 12” – mi attragga quanto un paio di lunghe e decoratissime unghie alle prese con la tastiera di un cellulare o uno smart phone, indaffarate su faticoso e sgrammaticato sms che si ridurrebbe ad un ammasso di consonanti degne di un bimbominchia o di una over30 a cui nessuno ha mai avuto il coraggio di spiegare che no, scrivere “kiamami” non è esattamente indice di uno spirito giovane e libero.
Preferisco orientarmi su qualcuno che sappia scrivere, le mani preferisca usarle piuttosto che tenerle al petto con le dita protese in avanti a mo’ di strega da film di serie z, e soprattutto abbia un’idea di sensualità un po’ più complessa. Questo non significa che le scarpe non possano avere la loro parte. Anzi.
E’ che guardare e poi magari togliere un paio di edoardiani capolavori come quelli del marchio australiano Preston Zly (se vuoi puoi anche sbirciare nel loro laboratorio) – che per la collezione autunno/inverno propone una sorta di belle époque rivisitata e degna di un film di Kubrick con costumi della Canonero – è sicuramente tutta un’altra cosa. Con o senza studi universitari da pagina rosa che lo dimostrino.