The book is on the table

LA CARTA E IL TERRITORIO
Michel Houellebecq
Bompiani 2010 | Amazon

La prima cosa da fare, quando ti porti a casa La carta e il territorio, è eliminare l’orribile copertina e prendere tra le mani la più neutra ed essenziale veste bianco panna che c’è sotto.
La seconda cosa è sapere che il co-protagonista del libro è lo stesso Houellebecq, cosa che ha fatto storcere il naso a molti. Ma storcere il naso, a volte ben prima di ficcarlo tra le pagine, è una specie di sport (inter)nazionale ogni volta che esce un nuovo romanzo dell’autore francese più famoso di questi ultimi anni.
La terza è che Houellebecq, quello fittizio, muore fatto a pezzi da un pazzo – ne hanno già parlato tutti e saperlo non vi rovinerà la lettura – e La carta e il territorio si traforma improvvisamente in un giallo d’altri tempi.

Abile PR di se stesso, pur nella (e grazie alla) sua sgradevole arroganza, pur nella sua ostentatamente banale – nel romanzo – quotidianità fatta di pigrizia, sciatteria, tanto vino rosso ed una dieta a base di salumi, pur con le sue dichiarazioni scomode, il materialismo, il suo essere un brutto e rancoroso reazionario (com’è che diceva ne Le particelle elementari? Che per essere un hippy serve il “fisico”, per essere un impiegato bastano una macchina ed un abito), pur nel suo amore per i prodotti di consumo – tanto da riempire il libro di marchi e farsi accusare da alcuni critici di pubblicità tutt’altro che occulta – ed odio viscerale per la società dei consumi, da cui il vero e il falso Houellebecq si auto-esiliano andandosene a vivere in Irlanda. Poi il vero Houellebecq si trasferisce in Spagna mentre quello fittizio se ne torna nella casa di famiglia, in un paesino di quella Francia rurale che nel romanzo diventa anche il soggetto delle prime opere di successo del protagonista, Jed Martin, artista triste e geniale che vive in stato d’inerzia e diventa per lo scrittore ciò che somiglia di più ad un amico (e viceversa).

E in mezzo alla solitudine esistenziale, al deteriorarsi di vite, affetti, geografie, culture, ti godi le splendide descrizioni che Houellebecq fa delle opere di Jed, dalle prime fotografie delle mappe Michelin (da qui il titolo del libro) al passaggio alla pittura e ai ritratti. Leggi e vorresti avere il catalogo, vederti la mostra (se stai scrivendo una tesi di laurea sulle opere d’arte fittizie in letteratura, La carta e il territorio non può mancare).

Rispetto agli altri romanzi dello scrittore francese questo sembra deviare, almeno un po’, dalla rotta nichilistica intrapresa fin dalle prime opere ed in mezzo al freddo lasciato dallo spegnersi dei riflettori sui vari personaggi, si intravede qualche spiraglio di luce.
Tra le pagine pare di sentire Houellebecq farsi persino una risata felice, come quando dopo una giornata una sfighe – la macchina ti ha lasciato a piedi, piove, non hai niente da mangiare, a casa, ed il supermercato è chiuso, ti cade il cellulare mentre cerchi le chiavi, inciampi salendo le scale, si fulmina la lampadina del bagno – come quando dopo tutto questo ti sdrai sul letto, apri il libro che stai leggendo, ti tagli un dito con una pagina e alla fine non puoi che metterti a ridere. Forte. Di divertita rassegnazione.

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