Il mondo è pieno zeppo di cose strane di cui non so capacitarmi. Una di queste è la penuria di notizie riportate da Google riguardo ad Astrid Andersen. C’è da precisare che la ragazza non si prodiga un granché nel diffondere il suo nome sul web. Voglio dire, cos’è quel sito miserrimo con la gallery che si inceppa e due foto in croce?! Eddai Astrid. Fossi in te me la tirerei come non mai. Anche solo perchè i miei vestiti se ne andrebbero su e giù in passerella appoggiati su di lui.
Bontà dei modelli a parte, la designer danese, da poco fuoriuscita dal ventre della London’s Royal College of Art, suscita in me una spropositata invidia ammirazione, dal momento che produce esattamente quello che avrei progettato anch’io, se solo avessi trascorso più adolescenza al parchetto/parcheggio a bere birre e fare skate con i maschi della zona, invece che ad assecondare le storielle di un Vecchio chiamato Plinio. Mannaggia.
“The collection is inspired by Spanish matadors and American hip hop culture”, spiega Andersen a proposito della collezione 2010, battezzata con il nome hemingwaiano Death In The Afternoon.
Ok, senza il liceo mr. Ernest me lo sarei sognato e allora vi avrei semplicemente detto:oh, ‘sta roba è una bomba.