Carolina Melis: fantasie dall’isola… che c’è!

Avevo conosciuto le opere di Carolina Melis quando, ancora nella mia Isola, al ritorno da un viaggio a Londra con un discreto bottino di cd di musica indie, visionai il contenuto multimediale di un cd della musicista francese Colleen. La traccia video, The Happy Sea, mi catturò talmente tanto da valere quasi il viaggio in sé, che per certi aspetti non era stato nemmeno idilliaco. Quasi sette anni dopo da quel “colpo di fulmine” contatto Carolina per questa intervista, e ritrovo tutta la gentilezza e simpatia che non hanno tradito la lunga attesa!

Il tuo nome, così melodioso, calza perfettamente con l’immaginario che pervade le tue opere. Come mai il nome “Carolina”, chi ha scelto questo bel nome?
Grazie! L’hanno scelto i miei genitori, per nessuna ragione in particolare credo – comunque mi e’ sempre piaciuto mi sembra un nome simpatico.

Sei nata in Sardegna ma hai completato i tuoi studi in Inghilterra. Che età avevi quando hai lasciato l’Italia?
E’ un po’ complesso. A 15 anni sono andata in collegio in Danimarca per un anno, poi ho finito le superiori in una scuola internazionale vicino a Trieste – il Collegio del Mondo Unito. In seguito sono tornata in Danimarca per un anno e poi sono arrivata in Inghilterra per studiare all’università. Avevo 19 anni e pensavo di rimanere solo il tempo di finire gli studi e invece sono ancora qui! Tornando indietro forse sarei rimasta in Sardegna di più, all’inizio non era proprio facilissimo vivere lontano da casa, mi mancavano da morire i miei amici e parenti e forse per quello che mi sono sfogata con l’arte. Ma forse se fossi rimasta molte cose non sarebbero successe. Insomma non si può mai sapere.

Se dovessi dirmi tre sentimenti che hai portato con te in valigia, quali sceglieresti?
La malinconia, il coraggio e l’allegria. Con la malinconia ci sono nata, è un sentimento scomodo ma anche piacevole: una tristezza che mi fa sentire in qualche modo viva e mi fa venir voglia di chiudermi in studio e lavorare. Il coraggio mi fa rischiare, è quella canzone di Vasco che dice ‘corri e fottitene dell’orgoglio ne ha rovinati più lui che il petrolio ci fosse anche solo una probabilità giocala… giocala… giocala’. L’allegria mi salva da tutto. Mi piace ridere e fortunatamente ho un sacco di amici con cui ridere insieme.

Abbiamo almeno due cose in comune: entrambi siamo nati in un’isola italiana, io in Sicilia, tu in Sardegna, ed entrambi viviamo oggi all’estero. Quanto l’essere nata in un’isola ti fa sentire diversa rispetto agli altri? Questo mare e queste montagne che hanno fatto da circonferenza alla tua infanzia, in che modo hanno influenzato la tua arte?
Non so, vivo a Londra che è una città così internazionale, sono tutti diversi e ormai la gente non ti chiede più di dove sei. Il mare, l’aria, la luce, i colori mi mancano sempre e da morire ed è forse per questo che alla Sardegna ho dedicato la mia ultima mostra e il mio corto Le Fiamme di Nule, appena terminato.

Quali credi siano le difficoltà degli illustratori ed animatori in Italia?
Non so, visto che vivo da molto all’estero e non ho avuto molto a che fare con l’Italia dal punto di vista lavorativo. Ma sicuramente mancano le scuole o se ci sono, sono così esageratamente care che conviene andare all’estero a studiare. In Inghilterra l’industria creativa è la seconda dopo il modo della finanza e viene dato largo spazio ai talenti e alle idee. O almeno così era sino a poco tempo fa…

Scorrendo le tue foto su Google capisco immediatamente, e la tua biografia me lo conferma, che hai studiato danza e che tutto, più o meno, è cominciato da lì. Quando hai capito che nel tuo caso danza, animazione ed illustrazione confluivano in una armonia impeccabile?
Si, è vero. In realtà c’è sempre stata una una vicinanza tra l’animazione, la musica e la danza. Basta pensare al film Fantasia (1948) o artisti come Oskar Fischiger. Quando ero all’università (Dartington College of Arts e poi Central Saint Martins) ho dedicato la maggior parte del mio tempo a consultare libri di ‘dance notation’. Mi faceva impazzire vedere in che modo i coreografi annotavano i movimenti. Alcune notations sopratutto quelle del XXVIII secolo sono fantastiche illustrazioni, vi consiglio di visionarle.

Nel bel video che hai realizzato per la BBC una bambina lascia cadere accidentalmente un barattolo di vetro pieno di bottoncini colorati che non aspettavano altro di prender vita. Quanto c’è della tua infanzia in tutto questo? Eri anche tu il classico bambino che rovistava nei cassetti della vecchia Singer della nonna per trovare un tesoro di plastica e merletti?
Moltissimo. A casa avevamo tantissimi barattoli di bottoni. Mia madre toglieva i bottoni prima di trasformare i vestiti in stracci per spolverare. Ho imparato a usare la macchina da cucire prestissimo, forse avevo 11 o 12 anni perché mi ricordo che il primo giorno di scuola della terza media indossavo un vestito fatto da me. Poi si è sparsa la voce e la mia casa è diventata una specie di sartoria. Le mie amiche mi portavano vecchi cappotti trovati in casa da alterare, bottoni di ‘marca’ da attaccare su camice dell’Upim. Poi sono arrivate le amiche delle amiche, alla fine non ne potevo più… Ma la cosa che mi lega di più a questo spot è il cane che ho fatto pensando al nostro amatissimo cane di famiglia Peggy, un dalmata che ci ha lasciati l’anno prima.

Quali artisti della danza o dell’arte, hanno contribuito nella tua formazione estetica?
Pina Bausch in primis. Il film di Chantel Akerman Un jour Pina m’a demandé mi ha cambiato la vita. Ho scoperto un mondo e per quello sono andata a studiare all’estero. Per l’arte Kandinsky, Klee (grande favorito di mia mamma) e di contemporanei mi piace Klaus Haapaniemi, Sanna Annuka. Adoro poi la musica, ho delle ossessioni per delle cose specifiche che ascolto sino a quando non ne posso veramente più. Mi piace Arvo Pärt e di recente ho visto il concerto di Wildbirds and Peacedrums che raccomando. E poi guardo un’infinità di film… tanti tanti tanti, la cosa bella di Londra che si può vedere un film a qualsiasi ora del giorno e della notte. Pericoloso…

Come organizzi il tuo lavoro? Hai un team di persone di cui ti avvali per la produzione dei video? Usi dei software specifici? Quali sono gli strumenti indispensabili per Carolina Melis?
Ho un team di collaboratori fantastici. Sono artisti e designers con delle qualità specifiche e una grande passione per il lavoro. Quando ci sono dei progetti più grossi e ho bisogno di persone con competenze tecniche molto specifiche mi rivolgo ad animatori o fotografi etc.

Recentemente ho visto alcune foto del tuo studio a Londra dove troneggiavano rami spezzati avvolti nella lana, in una sequenza di coreografie vegetali assolutamente surreali. Qual’è il rapporto con questo spazio? Quali sono gli elementi che non devono mancare intorno a te per sentirti a tuo agio durante la tua giornata lavorativa?
La musica e l’ordine. Mi piace avere sempre almeno un tavolo libero per poter iniziare un progetto immediatamente. Poi perdo tutto, quindi il disordine non mi aiuta!

Hai lavorato per artisti della scena musicale indie come Cécile Schott (aka Colleen), Efterklang, Four Tet, Oh No Ono, dimostrando di interpretare in modo assolutamente sublime un genere comunque ostico e anti-pop, ma allo stesso tempo hai realizzato animazioni più commerciali per la BBC e la Sony. Come riesci a fronteggiare le insidie delle domande del mercato che si impone, talvolta in modo dittatoriale, sull’estro dell’artista?
Inizialmente era un incubo, poi ho capito che l’unico modo di finanziare i miei progetti artistici è attraverso le pubblicità. Ho comunque detto di no a Nestlè e McDonalad’s…

Ci sono artisti che stimi per cui ti piacerebbe lavorare? Che musica ascolta e che libri legge Carolina?
Mi piacerebbe lavorare con qualcuno nel mondo della moda, fare un fashion film o qualcosa del genere. Ora lavoro con un brand francese che si chiama Sessun e mi piace tanto ma vorrei provare anche qualche altra collaborazione. La musica tantissima, molta pop, american folk, elettronica e classica insomma un polpettone.

Hai delle anticipazioni sui tuoi prossimi progetti?
Il mio progetto principale è lavorare di meno, penso di non aver avuto un giorno libero da aprile e sono molto stanca! A parte questo sto sviluppando due idee per un lungometraggio con Warp X. Ho tantissimi altri progetti… ma forse ci vuole un’altra intervista per dirteli tutti!

intervista © Bruno Colajanni /www.ludag.com
Illustrations & videos © Carolina Melis / www.carolinamelis.com

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