Il museo degli oggetti che non vogliamo più

Quando qualche giorno fa sono andato a vedere il suo sito per linkare il libro illustrato di cui è autrice, ho scoperto un nuovo progetto dell’artista veneta Eleonora Marton, un lavoro tuttora in fieri intitolato Museum of rejected objects.

Nonostante il nome spieghi già bene di cosa si tratti, e pur sapendo che quello degli oggetti scartati — considerando la fase ormai “matura” in cui è entrata la nostra società dei consumi — è un tema in cui è sempre più facile imbattersi, sia nell’ambito del design (vedi il restauro creativo, il riuso) che in quello dell’arte, in cui la narrazione attraverso una serie di reperti trovati per caso è un format già visto, trovo che l’idea di Eleonora Marton abbia “quel qualcosa in più” che valga la pena di raccontare.

Innanzitutto perché nel “museo”, che per ora è una pagina Tumblr che va via via riempiendosi di elementi e alla fine, forse, diventerà anche una pubblicazione (Eleonora mi ha spiegato che l’idea è di arrivare a 100 oggetti e poi raccogliere le foto in un piccolo catalogo), gli oggetti sono in realtà dei simulacri in creta: gli oggetti originali forse non ci sono più, in quanto appunto scartati, o in procinto di esserlo. E questo, invece che depotenziare l’effetto, lo aumenta.

n.28 – Candela di compleanno

Quelli in creta sono infatti dei ricordi materializzati, e in quanto tali mettono insieme fiction e realtà («qualsiasi cosa sia passata al vaglio della memoria è fiction», dice il saggio1), tanto più che è la stessa autrice a confessare che alcuni di loro sono inventati.

E poi c’è l’intuizione di non spiegare troppo. Anzi, di non spiegare affatto, ad eccezione dei titoli. Sono quelli, che appaiono quando si passa sopra ad un oggetto, a far deflagare il potenziale narrativo delle cose scartate: ché se la candelina di compleanno col numero 36 funziona già da sola, così come quell’oceano di malinconia che è il pettine senza denti, quando a un ferro di cavallo ci scrivi sopra “amuleto sfortunato” capisci che è tutta un’altra storia; come pure con l’anello di fidanzamento (con la pietra piccola: la poesia sta anche nei dettagli).

n.16 – Amuleto sfortunato

Trovati, ricordati, inventati. Gli oggetti che non vogliamo più sono quelli vecchi, quelli brutti; sono quelli rotti, sbagliati, obsoleti. «O quelli che semplicemente ci ricordano qualcosa che vorremo aver dimenticato», spiega Marton.

Quelli del Museum of rejected objects sono i resti di un’autobiografia agrodolce, che può essere quella dell’artista ma anche la mia o la tua. Dopotutto Eleonora è sempre stata brava a raccontare la melanconia attraverso gli oggetti o con pochissimi elementi grafici, mescolando il personale all’universale, il verosimile al reale, sia nelle illustrazioni che nei lavori più complessi, vedi ad esempio le fanzine The weather’s been lovely, How to feel, When e addirittura Blankets, in cui non c’erano parole ma solo i pattern delle coperte.

n.25 – Pettine
n.30 – Mezzo paio di forbici
n. 19 – Spada di gomma
n.17 – Set di manici di tazze
Un messaggio

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