Il fermalibro, o dell’arte di supportare

Per la legge della domanda e dell’offerta, se esiste un oggetto chiamato fermalibro (ferma libro, staccato, per i più pudibondi che non amano i rapporti troppo intimi tra due parole) significa che il libro va fermato, perlomeno nello spazio fisico, ché in quello mentale è buona regola lasciarlo andare per i fatti suoi: se vuole risalire gli stretti e arzigogolati tunnel delle circonvoluzioni cerebrali per andare a cercarsi il suo cantuccio, lo si lasci fare; se, entrato da un orecchio, volesse uscire dall’altro senza lasciar traccia in ciò che vi sta in mezzo, si cerchi di esser di buon cuore, licet, gli si dia il permesso; se freme per uscirsene dalla bocca e di lì dalla finestra, declamato ai quattro venti ai passanti ignari, guai a fermarlo!

Ma sulle mensole no. Sulle mensole il libro “deve fare il bravo, deve stare sull’attenti, di coltello, come si suol dire, e resistere alla tentazione di appisolarsi un poco e abbandonarsi alla presa del vicino, che se questi non ha il physique du rôle — le spalle larghe, il baricentro basso, un tipo ben atticciato, come un dizionario, un’edizione di lusso, finemente rilegata e con la copertina rigida — ecco che crolla tutto in un abbaruffio di carta, attentando persino all’incolumità di piantine e delicati soprammobili incautamente posizionati nei paraggi.

Certo, qualora si scegliesse di farli stravaccare a panza all’aria, i libri, il problema non si pone. Ma non tutti sono disposti a indugiare troppo a lungo di fronte a tale sguaiatezza («i libri in orizzontale si imbarcano, come i vinili!», dice il tecnico; «ma alternandoli, ritti e bocconi, ritti e bocconi, ritti e bocconi, si crea dinamismo», sostiene l’esteta).

Ed ecco quindi arrivare all’uopo il fermalibro (o ferma libro, oppure, perché no?, ferma, libro!), che può esser fai-da-te ma che diventa anche un modo, per artisti e designer, di mettersi alla prova con qualcosa di estremamente semplice, quasi l’archetipo stesso del concetto di oggetto, che necessita solo di essere stabile e pesante quanto basta per supportare ciò che abbiamo letto, ciò che abbiamo comperato per leggere e ciò che abbiamo comperato per far credere all’ospite di turno di aver letto o stare per leggere.

Compito mica da poco, supportare, termine che a volte sconfina nel suo cugino sopportare, e che dà anche il titolo a una mostra, In support of books, che inaugura oggi a Los Angles, California, curata dallo studio di design Norma nell’ambito della LA Art Book Fair.

Incuriosito dalla foto che accompagna la mostra (e, sì, lo ammetto, soprattutto dalle supportanti chiappe) mi sono messo a fare un po’ di ricerca sia sui designer e artisti protagonisti dell’esposizione — ci sarà anche un catalogo, ma per ora su quello non ho trovato informazioni — sia sui fermalibri più in generale, presentando qua alcuni dei più interessanti usciti negli ultimi anni.

Klemens Schillinger
Studio Dessuant Bone per Designer Box
Alex Reed
Ini Archibong
L’Objet
Brendan Timmins
Studio E.O.
Chen Chen & Kai Williams
Scandola Marmi
Besler & Sons
Kenyon Yeh per Good Thing
Marco Braunschweiler per Dominica Publishing
Ginger & Jagger
Jason Rens
Broberg & Ridderstråle per Klong
Studiocharlie per Atipico
INCHfurniture
Arcahorn
AYTM
Folkform per Skultuna
Ross Lovegrove per Edizioni Marsotto
Daniel Emma per Field
Bazazas
Philipp Mainzer per e15
Visibility per Matter Made
Monocle
Un messaggio

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