Particolare della tesi di Laurea Magistrale

Due parole con Tiziana Alocci, information designer

Cos’hanno in comune Caroline Shaw, il pesto ed il graphic design?
Così a priori sinceramente non saprei, eppure sono proprio questi elementi che mi hanno condotto a Tiziana.
Stavo infatti leggendo su IL, il magazine de Il Sole 24, un articolo che parlava della Shaw come possibile nuovo fenomeno musicale, e giunto alla fine dello stesso, nel Twitter feed a fondo pagina, spiccava questo messaggio: «Ho sostituito il pesto con @24ILmagazine 😂 #expatlife».
Beh, da buon genovese appena visto la parola pesto mi sono sentito in dovere di verificare. Non sia mai che magari qualcuno stesse proponendo l’infame ricetta con le noci.

Ebbene, cliccando invece sul profilo collegato, mi sono imbattuto nella pagina di Tiziana Alocci, “Information designer and enthusiast speaker.” Ho scorso rapidamente i suoi contenuti e poco dopo ero già sul suo sito, ipnotizzato dai suoi lavori. Da lì ho divagato sulla pagina Behance ed insomma, ne sono rimasto affascinato.

In particolar modo mi ha colpito questo saper coniugare, attraverso il graphic design, un mondo prettamente quantitativo-statistico con rappresentazioni non solo ad alto valore informativo, ma anche belle, dal forte impatto visuale ed estetico. Siccome “happiness only real when shared”, ho pensato che Tiziana meritava proprio di essere “profeta in patria” almeno per il tempo di un paio di domande.


Ciao Tiziana! Ho cercato di stalkerarti il più possibile prima dell’intervista ma non ho Linkedin e mi sembrava un po’ creepy chiedere a qualcuno di guardare per me il tuo profilo, così ti introduco un po’ “a braccio”.
So che ora lavori a Londra (tra poco approfondiamo anche dove), ma hai studiato a Milano. Come ti sei avvicinata alla grafica e quando hai “deciso” di voler investire su questo percorso in modo mirato?

Ho iniziato a interessarmi all’Information Design durante i due anni di magistrale al Politecnico di Milano dove ho frequentato il Corso di Communication Design. Il corso era piuttosto multidisciplinare: oltre che gli aspetti della visualizzazione di dati ho potuto studiare materie come antropologia, cinema e semiotica.
Mi ha colpito il modo in cui argomenti e situazioni complesse venivano analizzate e “spiegate” con i dati, con i numeri. Inoltre rimasi affascinata, quasi ipnotizzata dalle forme complesse e organiche che queste visualizzazioni prendevano. È stato alla fine del corso che ho “deciso” di volerne fare il mio lavoro.

“Have a delivery, have a choice. Analysis inside the system of public and private sector in Italy” Progetto di gruppo svolto durante il Laboratorio di Sintesi Finale del Politecnico di Milano
“Have a delivery, have a choice.
Analysis inside the system of public and private sector in Italy”
Progetto di gruppo svolto durante il Laboratorio di Sintesi Finale del Politecnico di Milano

Sei rimasta comunque soddisfatta dalla tua esperienza al Politecnico? Penso che la scelta dell’ateneo sia ancora oggi una grande battaglia per uno studente uscito dalle scuole superiori, un po’ “sui generis”. Ti sentiresti di consigliare il tuo percorso?

Sì, assolutamente. Il Politecnico di Milano è una scuola che mi ha insegnato tanto, sia a livello tecnico che personale.

Leggo che ora lavori qui: Beyond Words Studio. Il loro claim, “Creating Narratives with Data” mi pare tagliato proprio sui tuoi lavori. Come è nato questo connubio?

Circa due settimane dopo la laurea mi sono trasferita a Londra per fare un’esperienza di lavoro all’estero. Ero partita con l’idea di stare qualche mese e vedere come andava. Dopo qualche settimana sono entrata in contatto con Beyond Words Studio (a quel tempo lo studio era conosciuto con il nome di Information is Beautiful Studio).
Ho iniziato come freelance e ora sono quasi tre anni che lavoro per loro. Ho il piacere di lavorare con un team multidisciplinare composto da designers, ricercatori ed editor. Il creative process dello Studio abbraccia diverse discipline come la ricerca di dati, l’aspetto editoriale e ovviamente il design.

Il tuo approccio è prevalentemente “data driven”, oppure “image driven”? Voglio dire, prevale la voglia di dare un contenuto informativo oppure creare un contenuto esteticamente memorabile?

Data Driven. Lavorativamente il mio obiettivo è quello di divulgare contenuti e informazioni corrette. Tuttavia la forma e l’aspetto visuale sono ugualmente importanti: immagina di leggere un libro interessantissimo ma scritto con un carattere minuscolo. Lo leggeresti? Probabilmente no. Similmente, la forma viene curata con altrettanta attenzione in modo da rendere una visualizzazione usabile, accessibile e coinvolgente. Per tutti.

Una cosa di cui mi hai parlato prima di quest’intervista è il tuo progetto di laurea, cito pedissequamente: «Semiotic-driven analysis of images used for covering news». Tra le altre cose ho visto che hai trattato anche il caso della Costa Concordia, che insomma qui da noi [a Genova, NdA] ha fatto scalpore sulle news per un bel po’.
Mi racconti qualcosa sulla nascita di questo progetto? Mi interesserebbe anche capire a quali conclusioni ti abbia eventualmente portato.

Ho iniziato a lavorare alla tesi verso la seconda metà del 2013. Nel mio progetto ho voluto mostrare gli aspetti dell’intertestualità in relazione alla rappresentazione per immagini di un evento drammatico: l’oggetto della tesi è l’intertestualità incentrata sulle relazione tra testi e immagini materiali, pittura e fotografia. La scelta di questi tipi di evento (disastri naturali e incidenti) ricade sulla particolarità degli scatti, spesso immediati e non studiati e spesso realizzati da non professionisti.
Ho iniziato la ricerca documentando le fotografie usate per la narrazione di una serie di casi studio, compresi quelli di tre grandi tragedie avvenute nel passato recente: il disastro di Fukushima, lo Tsunami Indonesiano e il drammatico naufragio della Costa Concordia. Una volta completata la ricerca fotografica ho deciso di concentrarmi solo sul Naufragio della Costa Concordia per poter fare una riflessione su come i media Italiani avevano riportato la notizia “fotograficamente”.

Particolare della tesi di Laurea Magistrale
Particolare della tesi di Laurea Magistrale

La fotografia di informazione è spesso ripetitiva sia per soggetti rappresentati, sia per metafore usate e questo provoca la creazione e l’uso di “modelli fotografici”. Ho voluto così dimostrare che questo elemento però non influisce sulla qualità del fotogiornalismo, bensì lo erge ad una pratica narrativa alta, con rimandi alla pittura e l’immagine allegorica.
Analizzando le fotografie ho individuato sei “tipi visuali” diversi. Ognuno si riferisce ad un archetipo preciso: può essere un’immagine-simbolo del passato, un dipinto o anche un’installazione artistica.
Il tipo visuale che mi ha colpito di più è quello “dell’osservatore solitario”: è incredibile quante volte questo modello sia usato! Penso che la fotografia di informazione non sia cambiata bensì evoluta, si è arricchita: è diventata ipertestuale, è diventata un linguaggio.

Particolare della tesi di Laurea Magistrale
Particolare della tesi di Laurea Magistrale

Ti immagino comunque molto recettiva, pensi che ci sarà un prosieguo della tua analisi?

Vorrei ma il tempo è tiranno. Con la tesi ho creato una base da cui chiunque può attingere per eventuali lavori futuri. Anzi sarei molto curiosa di leggere o di vedere qualcos’altro a riguardo.

Come nascono i tuoi lavori? Tipicamente un committente ti mette a disposizione un set di dati grezzo e tu approcci in modo analitico? Oppure hai già dei dati ripuliti su cui vai a costruire una struttura grafica?

Dipende! Molti dei lavori che vedi nel mio portfolio sono nati dalla mia curiosità. Cerco di interrogare ogni argomento, sono di natura molto curiosa e faccio domande su ogni cosa.
Per quanto riguarda l’approccio ai dati penso che non ci sia uno schema fisso da seguire. A volte il cliente fornisce dei dati più o meno completi, altre volte invece solamente un’idea su cui fare ricerca.

E invece per quanto riguarda i tuoi progetti personali? Riesci a trovare lo spazio per creazioni indipendenti anche attualmente o risalgono a momenti specifici della tua vita?

Cerco sempre di tenermi occupata con un “side project”, qualcosa molto più simile ad un esperimento o ad una ricerca. Il più recente si chiama DataRoutine: ogni giorno per un anno ho tenuto traccia dei movimenti da me eseguiti durante le ore di lavoro utilizzando il mouse. Ho raccolto più di 200 immagini (delle matasse di linee e punti) ma la cosa più interessante è stato confrontare queste immagini con un paio fatte dai miei colleghi.
Quello che è saltato all’occhio sono le differenze con cui designer e non-designer usano lo spazio a disposizione sullo schermo. Anche in questo caso (come nella tesi) il mio set di dati era costituito — quasi — interamente da immagini.

Mi piacciono molti tuoi lavori, tra i miei preferiti cito Pandemic Traveling, The most fucking film era e Satellite of Education, che mi piacciono sia per il contenuto che per l’effetto grafico. Tu invece hai dei lavori preferiti?

Il lavoro di tesi mi è piaciuto molto e mi affascina tutt’ora. DataRoutine mi piace perché rappresenta una sfida interessante.
Un lavoro a cui tengo particolarmente è Satellite of Education, specialmente perché la considero la prima visualizzazione che ho fatto — era il 2012 e si trattava di un’esercitazione durante il Laboratorio di Sintesi Finale del Politecnico di Milano.

Particolare di “The most f* film era” poster
Particolare di “The most f* film era” poster

Ti definisci, come scrivevo poco sopra, una “enthusiastic speaker”. Così a prima vista, mi sembra una cosa molto figa. Mi spieghi un po’ meglio di cosa si tratta?

Ah! Questa definizione proviene da un piccolo evento a cui ho parlato a Londra. Non sono abituata a parlare in pubblico, specialmente in un’altra lingua, quindi ero terrorizzata all’idea di salire su un palco. Inaspettatamente è stato un successo! Diverse persone mi hanno fermato dopo la talk per dirmi quanto fossi stata positiva, entusiasmante ed energica. Quindi in realtà mi hanno definita gli altri!

Che uso fai dei social media? Io fino a poco tempo fa ero veramente drogato e mi sono accorto che allentando un po’ la presa alla fine sono riuscito a trovare stimoli di miglior qualità (vedi incipit). Tu invece?

Uso, principalmente come fonti d’interesse e ispirazione, Twitter e Instagram: l’uno come una moodboard di contenuti uno e l’altro d’immagini. Ma la mia fonte d’ispirazione primaria sono i libri!

Scrivi di esser appassionata di fotografia. È un’arte che sviluppi in ambito personale o che in qualche modo si interseca anche con la Tiziana Alocci designer?

È assolutamente un hobby ma mi ha aiutato molto in alcuni esperimenti di “dataviz”. La maggior parte dei miei side project riguardano infatti dati sotto forma di immagini o input visivi.

Brighton, Inghilterra - estate 2013
Brighton, Inghilterra – estate 2013

Quali sono gli strumenti invece tipici del tuo lavoro, i tuoi tool?
Mi interessa anche scoprire eventuali tuoi feticci, del tipo tavoletta o mouse, mac o pc, carta o digital, caffè o tè..(scherzo)..grazie!

Tanta carta, pennarelli, matite, scarabocchi e libri. Poi mac, mouse, musica e caffè!


Ok, direi che abbiamo scritto abbastanza, che ne dici? Concludo dicendo che i tuoi lavori possono essere visti su tizianaalocci.com, e Behance, oltre che seguirti su Twitter. E ricordando naturalmente lo studio per cui lavori, Beyond Words Studio.

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