È noto che le domande fondamentali sulla vita, l’universo e tutto quanto vengano a bussare in qualche oscura maniera alle porte della nostra coscienza nel momento in cui siamo immersi in compiti — per così dire — “meccanici”, che il nostro corpo è abituato a svolgere in maniera quasi automatica, con una sorveglianza minima da parte del pensiero cosciente, lasciando dunque spazio e tempo, al resto del cervello, di vagare tra i misteri del cosmo e della vita.
Alle prese con un lavoro ripetitivo, tipo catena di montaggio, al volante di un’auto su una strada diritta e semivuota, sotto la doccia, sulla tazza del cesso quando non ci sono riviste o libri o gli esoterici nomi degli ingredienti del dentifricio a portata di lettura, la mente può temporaneamente lasciare i crucci materiali di questa terra, liberarsi dai fardelli delle leggi della fisica e mettersi a contemplare l’assoluto, o guardare dall’esterno quel piccolo e insignificante ammasso di particelle elementari che è il nostro corpo, e in un attimo ritrovarcisi dentro zoomando nelle profondità dell’introspezione come su una tavola di Google Maps.
Alla protagonista di Cosmoetico, invece, il trip sulla cosmogonia e sul significato dell’esistenza (e della non esistenza) s’innesca sì in bagno ma al momento di truccarsi, giocando sulla comune radice etimologica di cosmo e cosmetico (dal greco kósmos, cioè mondo, universo, firmamento, ma anche ordine, ornamento).
Realizzato poco più di un anno fa da Martina Scarpelli, romana, classe 1988, come progetto di laurea per il Centro Sperimentale di Cinematografia, il corto d’animazione è stato selezionato in decine di festival, portandosi a casa anche diversi premi — Miglior Film Animato al Fano International Film Festival, Best Student Film all’Animateka International Film Festival, Best Film al Tais Animation Showcase e Special Mention Student Award all’Anca Fest.
Da guardare con attenzione dall’inizio alla fine.
